Regia di Jafar Panahi vedi scheda film
Un uomo all’interno di una gioielleria minaccia il proprietario di ucciderlo se non gli dice dove sono le chiavi della cassaforte. Finisce in tragedia ma capiremo meglio alla fine. Hossein è promesso sposo della sorella di Alì amico e collega di lavoro. Entrambi consegnano pizze a domicilio. Hossein durante le consegne frequenta la Teheran ricca e altolocata e per sposarsi dovrebbe acquistare una collana e degli orecchini in oro. L’unica soluzione è una rapina. “Ogni uomo ha un punto di saturazione, se sei troppo sotto pressione un giorno potresti anche ribellarti” recita il trailer di ORO ROSSO di Jafar Panahi. Abbas Kiarostami raccontò a Panahi questo episodio di cronaca “…durante una rapina ad una gioielleria un ladro era rimasto bloccato all’interno per via dell’allarme, e a quel punto aveva ucciso il proprietario prima di uccidersi”. Panahi:“ Quella storia mi aveva ossessionato. Mi sono interrogato mille volte sui motivi che possono spingere un essere umano a compiere gesti così estremi…”, da quest’idea la sceneggiatura del regista de IL SAPORE DELLA CILIEGIA. Hossein è un omone di poche parole facendo il suo lavoro di Pony Express assiste all’arroganza delle forze dell’ordine che non gli fanno consegnare le pizze perché devono arrestare un gruppo di giovani che fanno festa in un appartamento. Dialoga con un soldatino di quindici anni e l’arroganza viene stemperata dalla generosità di Hossein che regala le pizze ai militari. Un collega muore e un barbone “ruba” le pizze dalla moto riversa sull’asfalto semplicemente perché ha fame. La visita di Hossein e Alì respinta alla gioielleria perché in abiti semplici e dimessi. Poi quando si presenteranno ben vestiti le distanze sociali e non tra ricchi e poveri saranno ugualmente incolmabili. E’ questo che fa stare male Hossein non l’amico e la sorella che parlano troppo e inutilmente. C’è chi ha troppo e chi niente, come il giovane ricco che lo ospita nella sua lussuosa suite e H. ne approfitta per farsi un bagno in piscina e ruttare liberamente sul terrazzo in faccia alla città vista dall’alto. Storie di uomini e donne dell’Iran moderno afflitti da una società divisa da rigidità ormai desuete e le opulenze di una minoranza che dall’occidente ha appreso solo i difetti. Il cinema di Jafar Panahi è semplice e netto, non fa poesia, va dritto al cuore della storia, magari un po’ imperfetto ma sincero ed efficace. Nei dettagli ci mostra l’Iran repressivo, assurdo e autoritario. Ed è proprio nei particolari che risaltano le disuguaglianze, le critiche al sistema che lo ha ingiustamente rinchiuso in carcere. JAFAR PANAHI LIBERO.
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