Regia di Mario Bava vedi scheda film
Summa di tuto il periodo cinematografico precedente, con Operazione Paura (1966) Mario Bava sembra trovare una sintesi tra la componente gotica e quella gialla, che nelle precedenti opere avevano viaggiato separatamente ed invece adesso collimano in una simbiosi nuove, che mette in scena il contrasto tra l'irrazionalità della superstizione del paese e la razionalità a tutti i costi del medico legale Eswai (Giacomo Rossi Stewart) e dell'ispettore Kruger (Pietro Lulli), alle prese con un apparente caso di suicidio della cameriera Irina Hollander, al servizio dell'anziana baronessa Graps (Giana Vivaldi), vista insieme alla sua enorme villa con timore da tutti gli abitanti del paese, i quali tra l'altro non vedono di buon occhio l'attivo dei due uomini, perchè portatori di idee scientifiche che cozzano con le loro credenze, prontamente irrise da Eswai e Kruger.
Come di consueto in molti film di genere nostrani di stampo horror-thriller, quasi sicuramente derivative di un certo cinema di Alfred Hitchcock, la polizia non ha molto spazio nelle indagini e anche qua la figura dell'ispettore risulta totalmente secondaria ai fini dello sviluppo della narrazione, che si incentra totalmente sulla figura del medico legale Eswai nel corso delle sue indagini, aiutato dalla studentessa di medicina Monica (Erika Blanc). Operazione Paura è un film di serie-B nel budget misero come quasi sempre nel caso di Mario Bava e per le modalità produttive serrate, che portarono il regista a girare il film in soli 12 giorni avvalendosi di mezzi limitati e di location ricostruite in studios, eppure mascherate alla perfezione dall'abilità registica di Bava, capace di rendere credibile un filmiche tutto sommato si riduce ad un villaggio con un 4-5 case, un cimitero e la villa della baronessa Graps, eppure in fin dei conti non si nota per niente la povertà del budget e le pecche del film come al solito si riducono più che altro a dei dialoghi puramente funzionali, degli aspetti interessanti poco approfonditi (il villaggio e la sua gente) e una storia tutto sommato classica, ma girata con gusto sapiente nella costruzione della tensione e del mistero, che di tanto in tanto regala ancora qualche brivido tramite le apparizioni della bambina alla finestra.
Mario Bava smuove abbondantemente tramite la sua regia una storia tutto sommato classica, tramite piani sequenza, scene oniriche con un montaggio surreale, distorsioni delle immagini, abbondante uso dello zoom per fissare il terrore in un attimo e false soggettive che finiscono con il creare una suspance senza punti di riferimento. Meno esuberante rispetto alle sue opere precedenti dal punto di vista cromatico, Bava pesca abbondantemente dai clicchè del genere gotico, donandogli nuova linfa visiva tramite delle sfumature nella fotografia, che passa dal calore degli interni, al blu spettrale ricoperto di nebbia del cimitero, sino al verde terrore nell'inquadrare da varie direzioni la scala a chiocciola, tramite tecniche di ripresa in stile "Vertigo" ma invece del carrello crea tale effetto con due zoom (uno in avanti e uno all'indietro), in tal modo Bava partendo da una tecnica registica preesistente creata da Hitchcock, la studia e la rielabora in modo personale, per creare un effetto di straniamento e di terrore, in cui la mente dello spettatore si ritrova scombussolata, priva di punti di riferimento certi ed infine vittima anche di un forte mal di testa, per l'aggiunta della rotazione continuata a 360° gradi della macchina da presa, in stile spirale creando prospettive distorte e allucinanti con questa scala destinata a non finire mai, come la fuga senza alcuna meta dalle apparizioni spettrali da parte di Monica.
Purtroppo il film colpa anche di una distribuzione scadente, si rivelò un flop cocente ai botteghini e venne riscoperto solo anni dopo da registi importanti, diventando addirittura punto di riferimento per le singole opere di Federico Fellini (Tre Passi nel Delirio) e Tim Burton (Sleepy Hollow). Spiace vedere come un regista di tale abilità tecnica, sia stato costretto per la maggior parte della propria vita a doversi arrangiare con budget miseri e tempi di produzione ristretti, dovendo quindi rinunciare a curare i suoi film maggiormente sotto taluni aspetti come quello narrativo e nonostante questo, comunque creare ottimi film che non risultano per nulla datati nelle sue vette filmografiche come in questo caso, fosse stato un regista americano oggi sicuramente avrebbe ancor più fama seguendo le orme di un Alfred Hitchcock.
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