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La maschera del demonio

Regia di Mario Bava vedi scheda film

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La recensione su La maschera del demonio

di Furetto60
6 stelle

Esordio alla regia di Mario Bava. Opera datata, che tuttavia dimostra la grande capacità del regista di usare la m.d.p.

Moldavia, nel 1630. La bellissima principessa Asa, si autoaccusa di stregoneria e già questo appare strano, di solito succedeva il contrario: povere sventurate venivano costrette da torture indicibili a confessare fantomatici idilli con Satana; la Santa inquisizione, nel nome di Dio, ha bruciato più di 50.000 donne, colpevoli solo di essere nate femmine, nell’arco di circa trecento anni. Dunque, Asa con il suo sodale e amante Yavutich vine mandata al rogo dallo stesso suo fratello ; per non farsi mancare niente, aggiungono a questo anche un terribile supplizio, alla donna viene applicata una maschera con chiodi conficcati all'interno, martellata sul suo viso dal boia. Prima di morire la “strega” lancia il suo anatema sui discendenti dei suoi aguzzini. Duecento anni dopo, il dottor Chomà Kruvajan e il suo assistente Andrej Gorobek, due scienziati, attraversano i luoghi di cui sopra, casualmente si imbattono nella cripta, il medico si ferisce e il sangue che cola, riporta in vita la strega; in tempi in cui la CGI era ancora di là da venire, la metamorfosi della strega, che da scheletro si trasforma in “femme fatale”, è sorprendente e dimostra già le grandi capacità del cineasta. Asa è identica alla pronipote Katia, in sostanza è sempre la stessa attrice Barbara Steele, che vive in un castello nei paraggi. Asa inoltre fa resuscitare  il vecchio amante e con il suo aiuto miete vittime per soddisfare la sua sete di vendetta

Esordio alla regia per Mario Bava, che trasse spunto da una novella russa, rimaneggiandola sapientemente, utilizzando ogni sfumatura del bianco e nero, giostrando sul duplice ruolo della Steele, donna devota e malefica strega, che lascia sempre in dubbio lo spettatore, in un continuo avvicendarsi di luci e di ombre, con la macchina da presa che indugia sul volto magnifico dell'attrice, che da qui in poi divenne un’icona dell’horror cinematografico

Bava confezionò un opera “capostipite” per il cinema gotico italiano, dimostrando di possedere già un discreto mestiere nelle riprese, adoperò inquadrature vertiginose, creando atmosfere suggestive e ambientazioni sinistre, valorizzate dal fascino torbido di Steele; il film fu girato in un microscopico studio dalle risorse modeste, con scenografie di cartapesta opportunamente velate dai fumi, la scena è sempre oscura e impalpabile.Tuttavia la storia ancorché banale, mostra incertezze ed ingenuità, la sceneggiatura è debole e strambe le svolte del racconto,ciononostante l'apparizione della Steele nella nebbia, con i cani al guinzaglio è un “trip”, difficilmente dimenticabile. Buoni gli effetti speciali per l’epoca, si consideri che siamo nel 1959

 

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