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La spettatrice

Regia di Paolo Franchi vedi scheda film

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La recensione su La spettatrice

di leporello
8 stelle

Un tram indolente e inopportuno (il tram che è anche viaggio, movimento, azione, in antitesi alla staticità interiore dei personaggi) si frappone più volte ad inizio film tra Massimo e Valeria, entrambe in procinto di imbattersi ognuno nella propria sfera di labradorite, una splendida pietra semi-preziosa dai riflessi iridescenti blu scuro che prende il suo nome dal luogo in cui fu trovata la prima volta (il Labrador, appunto), una pietra quindi fredda come gli animi dei due protagonisti e la cornice torinese che li ospita. Ci vuole il calore di un cane morente per farli incontrare la prima volta, ma è ancora solo l’ombra di un incontro, del quale (specie Massimo che si volta indietro per un attimo nel taxi a riguardare la silenziosa figura che lo ha improvvisamente aiutato a salire) i protagonisti percepiscono appena la consistenza. E tutto torna asettico e sterilizzato subito dopo attraverso i vetri di una cabina di doppiaggio, il loro secondo incontro, di nuovo freddo, come fredda può essere una relazione ad un congresso scientifico e la sua traduzione simultanea svolta ad occhi bassi, una concentrazione non partecipata e distante dal luogo su cui si concentra.

La dinamica con cui i due protagonisti finiranno per conoscersi, lunga, riflessiva, ponderata e calibrata nei mini dettagli, è sicuramente la cosa migliore di questo ottimo film, ma non è sicuramente l’unica: il tratteggio caratteriale dei protagonisti (un “due più uno” al quale partecipa, terza ma non ultima, Franca,  la compagna di Massimo), la musica di Carlo Crivelli, intensa e puntuale, perfettamente aderente alle scene, a quelle esteriori (decorate di un’ottima fotografia) come a quelle interiori, egregiamente descritta dalla sceneggiatura.

 

Unica nota dolente (a parte un audio non proprio pulito che mi ha fatto perdere non poche battute, almeno nella visione televisiva a cui ho potuto assistere), fuori dal coro di unanimi consensi che ho trovato qui tra gli amici di FilmTv (che peraltro riverberano anche ciò che ha espresso la critica con i suoi premi), la prova di Renzi e Bobulova: il primo ha un’espressione totalmente refrattaria ad ogni senso di emozione/commozione, empatia/simpatia, ed è, a mio parere, il classico bellocciattore buono per le soap opera; la seconda, certamente migliore, trova solo nei silenzi una performance impeccabile, mentre è ancora e sempre un po’ deficitaria quando deve tirar fuori la voce. Niente da dire invece su Brigitte Catillon, che come i due suoi colleghi ha potuto evidentemente usufruire e beneficiare del momento magico che il regista Paolo Franchi ha conosciuto, sapendo meritatamente cogliere, in questa sua opera prima.

 

Un’opera italiana di gran pregio che non ricordo essere uscita nelle sale della mia città, e che una volta tanto permette alla televisione di prendersi un “bravo” per averla proposta.

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