Regia di Giovanni Fago vedi scheda film
Mentre il regista Franco Zeffirelli si trova “costretto” ad interrompere la preparazione del kolossal I Fiorentini (40 milioni di dollari!) sulla vita di Leonardo e Michelangelo nella Firenze dei Medici, ad arrivare nelle sale (anche se ad un anno dalla fine delle riprese) è il film di Giovanni Fago Pontormo, racconto sugli ultimi anni di vita del pittore Jacopo Carucci e del rapporto d’amore con la sua musa ispiratrice Anna, una giovane esule fiamminga muta. E dove il toscano Zeffirelli si sarebbe profuso in magniloquenza d’immagini e ricostruzioni d’epoca accuratissime, al romano Fago “spetta” una povertà di messinscena in pericoloso bilico tra fredda piattezza narrativa e rigorosità stilistica. Mai ci si appassiona alle vicende del Pontormo (all’età di 61 anni realizza quanto sia preziosa la vita di un essere umano e decide di testimoniare in favore di Anna accusata di stregoneria) e mai si respira il pesante e “doloroso” afflato storico di un’epoca al suo volgere (è infatti il moneto di una crisi politica che segna la fine del dominio della Signoria e dei Principati italiani mentre comincia a prendere corpo l’idea degli Stati nazionali così come nel campo religioso si assiste al drammatico confronto al Concilio di Trento tra Riforma e Controriforma). Rimane allora sulla scena la solitaria figura dell’artista Pontormo (Joe Mantegna, interprete generoso e dal “phisyque du role”) che nella sua testimonianza di accettazione dello “straniero” (Galatea Ranzi/Anna incanta con la sua algida fissità) come paradigma di una cultura e di una religione diversa (e proprio per questo ritenuto pericoloso, altro), rende questo film storico (didascalico, lento e con un uso meccanico e fastidioso delle musiche) estremamente moderno ed attuale.
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