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The Day After Tomorrow. L'alba del giorno dopo

Regia di Roland Emmerich vedi scheda film

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La recensione su The Day After Tomorrow. L'alba del giorno dopo

di champagne1
7 stelle

Nell'American Museum of Natural History di New York è custodito un mammuth ritrovato ibernato con ancora il cibo appena ingerito nello stomaco: una cosa del genere può succedere solo se il processo di ibernazione si svolge in tempi rapidissimi, quasi istantanei. Se è successo una volta, forse può succedere ancora ...



Nel 2004 fare un film sul "global warming" poteva sembrare effettivamente fantascienza. Eppure Emmerich, che già in passato si era appassionato al tema dei mutamenti climatici anche se in qualche modo artatamente indotti (1997 - Il principio dell'arca di Noè) realizza la sua opera che a un certo punto pose il dubbio che, se non si fossero sbrigati a completare le riprese, sarebbe diventato un documentario anziché una fiction.

 


Il Regista ha il merito di mettere in luce, drammatizzandola, una questione che all'epoca non era di dominio pubblico e quindi ne poté favorire la discussione e il dibattito. Poi certo la scelta narrativa coglie la più spettacolare delle ipotesi circa i mutamenti climatici e la spettacolarizza con il ritorno ad una era glaciale, ma nel frattempo costruisce un bel ritmo misto tra il thriller e l'action-movie, disegnando contemporaneamente personaggi ben definiti, alcune storie di contorno molto interessanti e persino un pizzico di critica anti-governativa (il vice-presidente somiglia in tutto e per tutto al Dick Cheney che in quegli anni, come tutta l'amministrazione Bush, aveva una posizione sul protocollo di Kyoto a dir poco discutibile). Anzi l'uscita del film fu bollata da una certa stampa "negazionista" come pura propaganda terroristica (vedi gli editoriali di Patrick Michaels su USA Today).

 


Senza dubbio il più interessante e riuscito dei film di Emmerich, che riesce a coniugare gli ingredienti tipici del film di genere con l'alto tasso di spettacolarita' ottenendo un risultato che supera i semplici cliché per arrivare a quella paura dell’inesorabile, rafforzata dalla consapevolezza che i suoi presupposti non sono impossibili o solo immaginati, ma riflettono elementi tipici già del presente.

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