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The Day After Tomorrow. L'alba del giorno dopo

Regia di Roland Emmerich vedi scheda film

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La recensione su The Day After Tomorrow. L'alba del giorno dopo

di FilmTv Rivista
8 stelle

Dilatare le dimensioni di un disastro È il teorema che legittima la presa spettacolare dell’evoluzione del filone catastrofico. Un tempo bastava King Kong a devastare un set riconoscibile e familiare come New York. Prima e dopo quella “grande scimmia”, un grattacielo in fiamme, un aereo, un transatlantico, un terremoto, un vulcano, un uragano erano sufficienti e necessari per suggerire la fragilità delle macchine architettate dagli umani e per ribadire la forza primitiva e assoluta della Natura. Il cinema che distrugge il proprio campo e che si esalta nel creare e polverizzare un simulacro della realtà e dei suoi abitanti, si compiace nello scatenare e motivare paure e si applica nel comporre cataclismi di varia portata. È un cinema che si inebria dei rapidi progressi della ricerca tecnologica nella produzione di immagini fedeli e attendibili ad un verosimile dello stupore. Se tutto è stato visto (in ogni film realizzato fino ad oggi), la molla è modellare immagini che esistono e sono “viste” solo negli incubi, nella memoria del futuro, nella consapevolezza di una precarietà ontologica e storica dell’homo sapiens. Roland Emmerich è, a suo modo, un maestro dell’immaginario apocalittico. In questo kolossal ad alta tensione spettacolare e ad alto impegno ecologico la sapienza degli effetti speciali visivi simula credibili e superbi scenari da disastro climatico. Il disinteresse dei governi, l’incuria dei singoli alterano irrimediabilmente l’equilibrio della Terra e il mondo precipita nel passato arcaico. Il clima impazzisce e una nuova Era glaciale decima il genere umano, avvinghia nel gelo simboli e luoghi, trasforma un pianeta in un fossile nell’universo, rimette in moto secolari migrazioni, ferma l’orologio della Storia. E l’ultima civiltà rischia di fare la fine di tutte le civiltà che l’hanno preceduta. Un blockbuster impegnato, serio, con un happy end indeterminato e che non rinuncia per questo agli incassi non è frequentissimo ad Hollywood. Le tormente digitalizzate e la trasformazione di New York in una gigantesca scenografia chiusa in una palla di neve planetaria sono più convincenti dei personaggi (anche se gli attori se la cavano) e dei loro dialoghi (e non è la prima volta in Emmerich). L’Occidente, se non prenderà provvedimenti, prima surriscalderà il pianeta e poi finirà surgelato. E non sarà un effetto speciale di cui ci sarà modo di vantarsi.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 23 del 2004

Autore: Enrico Magrelli

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