Regia di Jean-Luc Godard, Anne-Marie Miéville vedi scheda film
Qui e altrove, qui o altrove, noi qui e gli altri altrove: bla bla bla. Godard si diverte a fare questo tipo di film, ma il pubblico? Le alternative sono purtroppo sempre le solite: se non si è sufficientemente e snobisticamente convinti del 'marchio' Godard sul film, ci si annoierà mortalmente per l'intera durata della visione. Perchè al cineasta francese tutto ciò che interessa è di riversare le proprie verbosità come commento esterno a immagini non sempre direttamente imparentate con le speculazioni in sottofondo, per parlare di politica, di sesso, di religione, di vita e di morte e di qualsiasi altra cosa gli passi per la mente. Eterno profeta del vaniloquio oppure geniale e spiazzante innovatore? Il dubbio è perennemente lecito nei confronti del personaggio, autore (parola certamente azzeccata nei suoi confronti) di un cinema mai banale, ma allo stesso tempo neppure sempre necessario; sapiente nel rimescolare e rimaneggiare i più disparati ed eterogenei materiali, ma caotico nel dare forma a questi pluricefali assembramenti di idee sparse: Godard è Godard - punto e basta. Qui, però, davvero non basta e non può bastare: assistiamo al riciclaggio di materiale girato per un progetto fallito alcuni anni prima, riguardante la guerra intestina che devasta(va) la Palestina, alle solite balbettanti didascalie a cavallo fra il visionario e l'incomprensibile e, per quanto riguarda le scene realizzate di sana pianta per Qui e altrove, a qualche sequenza di vita domestica francese in cui il messaggio più forte è un'invettiva contro lo strapotere della tv. Le idee stavolta latitano e lo dimostra anche la durata del lavoro, che non arriva nemmeno a un'ora. 3,5/10.
Alternanza di immagini: Palestina 1970 e Francia 1975, per scoprire quanto siamo/siano simili noi (qui) e gli altri (altrove).
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