Regia di Kim Ki-duk vedi scheda film
Pyeongtaek è una cittadina sudcoreana ove la vita degli abitanti si divide con quella dei giovani americani che fanni parte di un plotone di una base militare statunitense stanziata nelle vicinanze. La vita di tre giovani orfani di padre si intreccia tra i sussulti e le tragedie che piegano esistenze e vite già appese a fili fragili e sottili.
Una giovane bella ma storpiata in un occhio dal fratello molesto, viene notata da un militare americano che intende offrirle l'operazione che potrebbe aggiustargli l'occhio danneggiato. Un giovane assistente di un ritrattista non riesce a rapportarsi col padre, anziano reduce della Guerra di Corea. Infine un meticcio, frutto dell'amore di un soldato americano di colore e di una donna giudicata tutto attorno come prostituta, con cui il giovane vive in una roulotte tra gli sguardi malevoli di una comunità che mal li ha sempre accettati, cerca invano di mettersi in contatto col padre che, tornato in Usa, promise alla donna di tornare a riprendersi entrambi.
Le frustrazioni sfociano spesso in atti violenti e in tragedie che spezzano vite ed interrompono idilli e speranze in grado di fornire motivazioni di vita.
La poetica del grande regista coreano Kim Ki-Duk si accompagna allo strazio di sogni che non decollano e alla violenza di una esistenza che non concede tregua nemmeno nel sogno o nella speranza di un futuro più benevolo.
L'ambiente marziale, inflessibile ed ottuso del rango militaresco e l'attrazione per il corpo dilaniato dalle ferite e a seguito di oggetti aguzzi conficcati nelle carni, rimane una delle più ricorrenti e scenografiche costanti dell'autore, che qui appare in forma smagliante anche nella costruzione scenografica.
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