Regia di Andrea Frazzi, Antonio Frazzi vedi scheda film
Andrea e Antonio Frazzi (una delle tante brave coppie di fratelli-registi in attività) alternano una ubertosa produzione televisiva al cinema. Riuscendo, almeno così mi sembra, a non confondere i due linguaggi e le due diverse scansioni del tempo narrativo. Nel 1999 hanno realizzato il loro esordio per il grande schermo, Il cielo cade, e ora propongono la loro opera seconda che si cala, di nuovo, nella testa e nei ricordi di un bambino e si appropria del suo punto di vista. Il protagonista ha undici anni, si chiama Rosario, abita nella periferia di una città del Sud (è Napoli, ma non viene mai nominata), vive una scissione priva di morale e di leggi, tra le amorevoli cure per la nonna, il volontariato in un centro di accoglienza, il primo idealizzato innamoramento per una ragazza più grande e i furti, le rapine, le scorrerie da “piccoli delinquenti crescono”, il passaggio cruciale e di fuoco alla maladolescenza camorristica. Il punto di partenza del film è l’omonimo romanzo di Diego De Silva e i Frazzi, insieme allo scrittore e agli altri sceneggiatori, hanno destrutturato il libro e ideato un doppio tragitto. Nel primo, che copre quasi tutto il racconto, Rosario è in metropolitana e va verso il suo primo omicidio e nel secondo, mentale, si illustrano i frammenti, i flash, i dettagli, gli episodi della sua sciagurata giovanissima vita. La struttura macchinosa ingabbia il film, che ha momenti visivamente ed emotivamente molto riusciti, sui binari del duplice viaggio.
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