Regia di Andrea Frazzi, Antonio Frazzi vedi scheda film
Film napoletano del 2002. Tratto dal romanzo di Diego De Silva e diretto da A. Frazzi & A. Frazzi (sono fratelli). Rosario è un bambino di 11 anni napoletano e (quindi) con predisposizione innata alla delinquenza. Assieme ai suoi amichetti coetanei napoletani si divertono ad attraversare la tangenziale napoletana con le macchine napoletane in corsa gridandosi tra di loro “sbrigateve ricchiunə” (la dura vita di strada c’insegna ad accusare l’altro di omosessualità se si vuole fargli fare qualcosa di imprudente)… ma purtroppo non si fanno niente di male, certo le macchine premono sul claxon quando li vedono passare, ma l’avrebbero fatto comunque perché stanno a Napoli. Il film è un collage di momenti delle recenti giornate di Rosario, da lui ricordate mentre è seduto in metropolitana aspettando di arrivare ad una stazione dovrà far fuori un tizio. Nella metro lui è silenzioso ed esamina la sua vita mentre un gruppo di tamarroni fa entrare nel vagone un motorino rubato e urlando frasi come “che cazz’ vulite? Nun ce l’aimm rubbat’… ‘o muturine è mie!”. Rosario ricorda tutti i momenti che l’hanno traghettato dallo stato di scugnizzo delinquentello a quello di criminale (sempre però con 11 anni). Le scene di dura vita partenopea di Rosario hanno come sottofondo una colonna sonora fatta di pezzi tunisino-campani (brani di ignoto significato dialettale che sembrano un misto tra Nino D’Angelo, Gigi Finizio, i 99 Posse e la musica da Kebab). Rosario vive con una nonna, anche lei napoletana e rincoglionita, che non si ricorda le persone morte e ogni volta chiede al nipotino quando queste la vengano a trovare. Rosario strizza i babà della nonna per bersi il liquore (che schifo) e per distrarre la nonna dall’impicciarsi nei suoi affari dice “è arrivat’ ‘o maresciall’ Rocc’!” e la nonna ci crede: “…’o maresciall’ Rocc’…? E quand’arriv’? che bellezza ‘o maresciall’ Rocc’!”. Rosario frequenta pure una bisca con altri bambini dove giocano a bigliardo e minacciano la gente (ci sta pure un signore che soffre di diabete col quale Rosario non ha un buon rapporto: “uè succher’e cannell’!” – “uè Rosà, tu lo sai che tant’ prim’o pòi muore, eh?” – “’o diabèt ‘o tien’ tu, mica ie!”). Quando non sta alla bisca o a fare il delinquente, Rosario passa il tempo in una confraternita provandoci con una ragazza di 20 anni (dieci anni più di lui) che però sta con un altro; tra le altre persone lì presenti c’è un prete, un’altra ragazza bruttina, una che è bòna me che è cieca (Rosario le imbocca nella stanza per vederla spogliarsi…); poi a pranzo quella brutta si gonfia di botte con Caterina (la ventenne che piace a Rosario) perché rosica che il ragazzo dà il cibo prima a lei che alle altre (“viè accà soccolaa!!”), insomma, ci sono vari momenti da sceneggiata napolet… ah già! La colonna sonora continua sempre ad essere un reggae tunisino da kebab (in napoletano). Poi un bel giorno Rosario decide di fare il salto di qualità e inizia ad appartenere a “gente di poche parole”… succedono un po’ di cose atroci: lui e i suoi amici accoltellano un pedofilo dopo averlo provocato e gli rubano la pistola; poi vanno da una bambina che si prostituisce (la cui madre fa da magnaccia) ma Rosario non vuole abusare di lei… sprazzo d’umanità del protagonista che in fondo ha un animo sensibile? No, non ci va perché “nu’tien’e zizz!”. Alla fine del film c’è un forte contrasto tra il buio della scena dell’omicidio sotto la metropolitana ed il sole, i bambini tamarri che giocano a pallone… Rosario molla l’arma, dopo aver ammazzato, e torna al giuoco del calcio… l’eterna simbiosi tra malavita e quotidianità che s’intersecano, il bene e il male, il brutto e il bello, il cane e il gatto… “Certi Bambini” ci vuole far capire che si può diventare criminali senza volerlo… ma secondo me Rosario ha voluto! Insomma, un film un po’ atroce che poteva essere anche non fatto. Si salva, però, la fotografia e le luci che lo fanno sembrare quasi un film normale (e non con la solita staticità di immagini stile “La Guerra Di Mario”).
Interessanti gli insegnamenti di vita che il ragazzo camorrista da al giovane Rosario, suo allievo; ci tengo a citarne uno perché quando quest’estate all’estero feci la conoscenza di tre guaglioni di Salerno mi dissero questa frase: “dalle femmen’ nun ti hai mai fa trattà comm’a na mappin’, pecchè poi ‘a fessa ta’a mett’n capa, io ‘a fess’ me la compr’… le cose belle si comprano” [trad. “non lasciar mai che le donne si approfittino di te, finirà poi che avrai testa solo per loro, mentre io penso che cose belle come, appunto, il sesso, sia più conveniente acquistarle]. Voto: 4
Tant’o saccio che ‘o cafè te piace dolcio… (e il diabetico bevve)
VL
http://doner.splinder.com
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