Regia di Luciano Salce vedi scheda film
Roma, da un cesso dov’è stato murato per diciotto giorni, esce Fantozzi ragionier Ugo, sfigato e sventurato travet sposato alla dolce ma modesta Pina, padre della babbuina Mariangela e collega del petulante ed intraprendente geometra Filini e della signorina Silvani, suo sogno erotico, compagna dell’arrogante e gradasso geometra Calboni. Disavventure a non finire: un tristissimo cenone di Capodanno con l’orchestra del maestro Canello; un appuntamento tutt’altro che romantico al ristorante cinese con la Silvani; una tragicomica partita di pallone scapoli contro ammogliati con annessa apparizione di San Pietro; una mattutina e rocambolesca partita a tennis con Filini; una sciagurata gita in montagna con Silvani e Calboni; l’interessamento per la politica estremista, che lo porterà all’incontro con il supermegadirettore galattico.
Dal romanzo di Paolo Villaggio, il primo capitolo di una delle saghe più redditizie ed esilaranti del cinema italiano. A differenza di molti film comici contemporanei, Fantozzi può vantare due punti a proprio favore: la regia affidata alla mano sicura dell’abile mestierante Luciano Salce, che conosce i tempi comici e ha il dono del ritmo narrativo della commedia; e la sceneggiatura incalzante e piena, densa d’una comicità surreale, sociale e tragica. Non tocca a me dire che Fantozzi è uno dei personaggi più importanti della storia culturale italiana: però val la pena sottolineare come denunci umoristicamente, senza cadere nella farsa, la situazione dell’impiegato medio italiano, con relative angosce ed aspirazioni, in una società priva di solidarietà, comunicazione e compassione.
A parte Paolo Villaggio, indimenticabile in questo ritratto capitale nel quale sarebbe rimasto incastrato per sempre, mi piace ricordare il fondamentale sistema dei comprimari: su tutti il memorabile Filini di Gigi Reder, ma anche la strepitosa Anna Mazzamuro come Silvani e la Pina dell’ottima Liù Bosisio meritano un sacco di elogi per aver rappresentato i caratteri con un equilibrio di buffoneria fumettistica e aderenza umana. Assieme al suo sequel, che gli è forse superiore, è naturalmente il migliore di una serie di film spesso scialbi e ripetitivi.
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