Regia di Patricio Guzmán vedi scheda film
Guzmán, classe 1941, era stato uno dei registi di punta del cinema cileno all’epoca del governo di Unidad Popular, prima del golpe, insieme a registi come Ruiz, Miguel Littin, Helvio Soto. Documentarista, il destino ha voluto che la sua testimonianza più importante la dovesse ultimare dopo (e su) il golpe: La batalla de Chile, montato nel 1973-76 dopo essere riuscito a far espatriare il materiale filmato. Tutt’altro spirito invece dietro questo film di trent’anni dopo. Il tema qui è l’oblio di Allende, in patria soprattutto. Si tratta dunque di un viaggio nella memoria, in città (Santiago o Valparaiso) dove nessuno sembra voler ricordare la storia della sinistra cilena. Seguiamo una biografia del politico socialista, la sua faticosa ascesa a presidente, i vari tentativi degli Usa di farlo saltare (dal boicottaggio economico all’omicidio del capo delle Forze armate all’appoggio al golpe di Pinochet). Di Allende si spiegano le radici ideologiche, il suo non-marxismo, la sua fede nelle istituzioni democratiche nonostante tutto. Il film, dall’impostazione piana e tradizionale, è appassionante, emoziona e indigna. E, come spesso accade in questi casi, la parte più istruttiva è l’intervista all’allora ambasciatore americano, che racconta con agghiacciante cinismo i metodi del governo e della Cia.
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