Regia di Ahn Byeong-ki vedi scheda film
Non è tanto il grado di stupidità della storia a irritare (un cellulare posseduto che fa impazzire o uccide chi lo chiama o lo utilizza; d’altronde, se ci sono Tv e videocassette possedute, ci stanno benissimo anche dei telefonini), quanto la convinzione che, dopo Ring, ognuno possa appropriarsi degli stessi strumenti di genere e di messinscena di quel film - o dell’onda a cui appartiene - per fare paura e cinema horror. Convinzione che il regista coreano Ahn possiede senza alcun dubbio, visto anche il suo orripilante esordio Nightmare. Phone sembra una fotocopia venuta fuori da una fotocopiatrice con l’inchiostro finito e la “taratura” dei caratteri sistemata da un ubriaco. Fotocopia di cosa? Di qualsiasi cosa. Eppure l’azione del copiare non è di per sé esecrabile. Ci sono numerosi esempi di prodotti fotocopiati ma non per questo non riusciti. E poi l’idea stessa della riproducibilità è o no coefficiente interno alle regole stesse dell’horror, con tutte le sue serie, cloni, remake? Il problema è l’approccio, chiamiamolo, etico. Phone (ma non è né sarà certo l’unico) è inaccettabile perché è un furto malsano e maldestro a un patrimonio comune, a un immaginario. Se rubi, fallo bene, altrimenti cambia mestiere. Spaventi, suspense, inquietudine? Certo, ma di quelli da scongelare e cuocere nel microonde. Per chi se lo domanda: sì, ovvio, ci sono tanti capelli neri e anche parecchio lunghi.
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