Regia di Mika Kaurismäki vedi scheda film
Cosa vuol dire quando c'è il soggetto. Viene in mente Welles quando diceva che gli italiani sono tutti attori e basta mettergli una macchina da presa davanti per fare un bel film. Kaurismaki lo sa: si fida e si affida. La cosiddetta grammatica cinematografica, il regista, onestamente, non sembra possederla granché: fa cose che farebbe un videoamatore, quelle che uno spera, poi, di confondere col montaggio. Questa serie di ingenue raffinatezze stanno perlopiù nella prima parte della pellicola, quella che propone quadri meno densi, più ampi. Dopo sarà la concitazione delle favelas, saranno i colori della città che corrispondono al caleidoscopio dei suoni, ma Kaurismaki sembra prendere confidenza col mezzo e, proprio, imparare in corso d'opera. Alla fine del flm ci regala una cosa che sta tra il videoclip e il musical, terra di mezzo centrata con minore coscienza rispetto a quanto fece Roberta Torre, ma non meno entusiasmante. Sex Machine fa pensare che lo stesso autore voglia suggerirci quanto finora potevamo solo percepire del Brasile.
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