Regia di Apichatpong Weerasethakul vedi scheda film
Attenzione, oggetto non identificato in arrivo. Il cinema del thailandese Apichatpong Weerasethakul sembra lì apposta per irritare tutti, le platee d’essai e i cinefili, i frequentatori di festival e i critici. Ma Weerasethakul è già oltre. Se non l’avete mai visto, recuperate il suo incredibile Blissfully Yours. E abbiate la pazienza e il coraggio di inserirvi totalmente in questo suo malessere tropicale, dove ogni regola, perfino sintattica, è frantumata, e non certo per egotismo o egocentrismo intellettuali. Realtà e leggenda si sommano e si confondono, in Tropical Malady. Due ragazzi si incontrano e si piacciono, e poi si cacciano. È bene non dire di più, e nemmeno chiarire. Tropical Malady è sogno, incubo, stato di trance perenne, ed entra nell’humus dell’uomo e di un immaginario –culturale, storico, cinematografico - in grado di cogliere di nuovo alla sprovvista. Il cinema è per fortuna ancora campo di battaglie emotive. Dunque, va bene anche il fastidio. Che li si accetti o no, che li si gradisca o no, i film di Weerasethakul sono i più nuovi in circolazione. Le idee teoriche, tecniche e tattili di Tropical Malady non si possono sintetizzare. Da brividi l’ultima parte, nella foresta, con la tigre e l’albero “luccicante”. Non è per tutti i gusti, ma è un ufo che scalda l’intelligenza. Si esce quantomeno intontiti, credete.
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