Regia di Apichatpong Weerasethakul vedi scheda film
Sud pralad (lett. "animale strano"), come il suo anomalo regista thailandese A. Weerasethakul, è un qualcosa di sfuggente, non un oggetto, è più uno stato dell'essere, uno scavare tra il confine-congiunzione, invisibile e incalcolabile ma percepibile, tra due entità, due polarità più o meno contrastanti che possono essere in primo luogo i due ragazzi amanti che costituiscono il nucleo del film, il soldato Keng (B. Lomnoi) e il contadino Tong (S. Kaewbuadee), e di conseguenza i "mondi" da cui provengono, poi la città e la natura, la cultura orientale e le intrusioni occidentali, la realtà e la fantasia mitologica, quindi il presente e il passato tradizionale, l'uomo e la bestia, la ragione e l'istinto, la naturalezza e l'artificiosità, fino alla loro condensazione oppositiva ma collegata nel profondo nelle due parti distinte del film, la prima semidocumentaristica, luminosa e gioiosamente genuina nel suo cogliere la prevalente spontaneità dell'essere dei due ragazzi e del loro rapporto amoroso (notevoli le scene al cinema o dell'ammiccamento di Keng alla mdp-Tong-spettatore, in cui, durante i titoli di testa, irrompe delicatamente il trapasso tra dimensioni e livelli strutturali), rapporto che si staglia sullo sfondo di una città concreta ma ingenuamente kitsch con quegli spettacoli canori posticci ed esibizioni di ginnastica ritmica, contro il ribaltamento della seconda parte meditativa, dove la leggenda sembra trovare il suo collegamento con "l'al di qua", una scomparsa misteriosa dà il via ad una ricerca interiore, inoltrandosi simbolicamente nelle zone fantastiche della giungla, nelle pieghe criptiche dei sentimenti e delle passioni, nella notte ricca di rumori che sono il codice linguistico "amorfo" con il proprio io, sdoppiato nella figura della tigre, a sua volta simulacro della metamorfosi di Tong, presa come giustificazione di un evento forse apparentemente inspiegabile.
Gli amanti vengono soffocati dal loro amore perché così è giusto e naturale. (AW) 8
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