Regia di Apichatpong Weerasethakul vedi scheda film
Un'opera allegorica ispirata alla realtà filippina, contesa tra il richiamo consumistico e un po' kitsch delle metropoli e la magia esotica della foresta pluviale. L'entità del contrasto è resa, con grande efficacia, da un film drammaticamente spaccato a metà. Nella prima parte la relazione omosessuale iniziata, per caso, tra due ragazzi di diversa cultura ed estrazione, è l'emblema della tranquilla adesione ad una modernità priva di (falsi) dilemmi morali, in cui la libertà di espressione si coniuga con il sereno abbandono al piacere. Nella seconda parte, che narra un'antica leggenda, ambientata nel fitto di una giungla buia e minacciosa, sembrano riemergere i fantasmi di un passato istintuale; in esso la passionalità riscopre le proprie radici primordiali e prende corpo, assumendo le sembianze di una belva avida e possessiva. L'amore ridiviene così una forza bestiale, la cui sorprendente intensità spaventa e seduce mentre divora l'animo, lasciando l'uomo solo, a sfidare la subdola felinità di una tigre che lo vuole fare suo. Quest'opera risulta certamente ostica, se si pretende di sfogliarla come un racconto, inseguendo il filo di una trama, o di consultarla come un saggio, alla ricerca di teorie e soluzioni. "Tropical Malady" è invece un bozzetto sull'ambivalenza della natura umana, divisa tra i comportamenti sociali imposti dal mutare delle epoche, e le pulsioni innate, caratteristiche, da sempre, della nostra specie. Un prezioso e personalissimo chiaroscuro d'autore.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta