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Tropical Malady

Regia di Apichatpong Weerasethakul vedi scheda film

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La recensione su Tropical Malady

di steno79
8 stelle

I film di Weraseethakul sono esperienze a modo loro uniche, e dopo lo stranissimo "Zio Boonmee", eccomi a vedere questo "Tropical malady" che rimane una delle sue opere più acclamate. Il film uscì nel 2004, si tratta del quarto lungometraggio del regista, presentato a Cannes e premiato con il Prix du jury da una giuria presieduta da Quentin Tarantino.

Difficile e probabilmente inutile riferire la trama, perché si tratta di un'esperienza sensoriale più che narrativa, tuttavia "Tropical malady" si divide in due parti distinte, di cui la prima racconta di una breve relazione amorosa fra un soldato e un contadino, di cui ad un certo punto non ci viene più riferito l'esito, mentre la seconda si addentra in territori allegorico/fantastici/surreali, con il soldato Keng che nella foresta deve lottare contro una tigre che forse rappresenta l'essenza stessa del suo amore. 

Una valutazione estetica qui diventa operazione estremamente soggettiva, tuttavia il critico potrà notare che la prima parte ha una struttura più o meno tradizionale, anche se molte informazioni non vengono date di proposito allo spettatore, ma almeno ci espone in una maniera più o meno comprensibile una vicenda di passione omosessuale, con un erotismo abbastanza casto per gli standard occidentali e un quadro ambientale delineato con pochi ma incisivi tratti. La seconda parte è operazione metaforica, dunque richiede un'interpretazione personale che non tutti, comunque, saranno in grado di fornire; il regista sceglie qui una struttura decisamente antinarrativa e dilata fino all'inverosimile i tempi, con una durata di circa 50 minuti dove non accade praticamente nulla se non il soldato Keng che si aggira in una lussureggiante foresta, incontra una scimmia e una specie di uomo primitivo, alla fine si trova al cospetto della tigre, ma non ci sono praticamente dialoghi e Apichatpong sembrerebbe interessato soprattutto ad una meticolosa resa visiva della giungla con i suoi alberi, le sue trappole, i rumori restituiti con un altrettanto meticoloso "sound design". Questa seconda parte rientra negli esperimenti di "cinema estremo" che possono sortire reazioni molto differenti che vanno dall'ammirazione incondizionata al rifiuto più animoso; personalmente trovo il film, come anche un po' lo stesso Zio Boonmee, rivelatore di una forte personalità di autore e complessivamente stimolante, insolito e magico nella rappresentazione degli stati d'animo, anche se un'ombra di intellettualismo è innegabile e frena un pochino l'ammirazione.

Voto 8/10

locandina

Tropical Malady (2004): locandina

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