Regia di Chan-wook Park vedi scheda film
AL CINEMA
"Vuoi torturarmi o vuoi sapere la verità?"
La vendetta - ce lo insegna proprio il cinema - è un piatto che va servito freddo.
Freddo nel senso di studiato nei minimi dettagli, organizzato al meglio senza tralasciare alcun particolare e gestito senza fretta o colpi di mano.
Il sentimento che domina questo secondo capitolo della convulsa, efferata, eccentrica e sanguinosa trilogia coreana ispirata a tale stato psicologico e mentale, non è tanto quello che assilla il nostro uomo, imprigionato senza un apparente motivo e costretto a vivere tra le anguste mura di un mini appartamento senza sbocchi, entro un prigionia resa più inquietante grazie a una carta da parati dai motivi schizofrenici.
La vendetta vera è ben altra: ben più complessa ed ardita di quella del nostro uomo, una volta liberato ed alla ricerca affannosa e spasmodica delle incognite che costellano la sua detenzione protrattasi per ben quindici lunghi anni.
Inutile entrare nei particolari della vicenda, quando è invece possibile godersi questo ferino percorso di auto-distruzione sul ritrovato grande schermo e in una versione finemente ristrutturata uscita in (poche) sale da questo fine settimana.
Dovrebbe piuttosto chiederselo il perché, questo nostro incauto Oh Dae-su, anziché pensare solo epidermicamente a vendicarsi.
Perché quello che egli non sa, è che la sua persona risulta l'oggetto di una vendetta ben più potente e studiata di quella che lo muove ora alla ricerca di motivazioni per lui inesplicabili, ma che ha come perno l'amore impossibile tra due fratelli all'epoca ventenni come il nostro uomo, e che la sua incauta incapacità di riservatezza ha reso possibile il consumarsi di una vera tragedia.
"Che sia un granello di sabbia o un sasso, in acqua affondano allo stesso modo".
Ilgran regista coreano dirige con Old boy il suo "valzer della vendetta", costellato di pezzi classici rientranti nell'elegante genere musicale che ne costella senza sosta il contorno musicale.
La maestria registica di Park Chan-wok trova qui la sua più pura essenza e la violenza ed il sangue impreziosiscono la coreografia di un duello in cui vittima e carnefice trovano inizialmente difficoltà ad identificarsi.
A distinguersi.
Poi capirà, Oh Dae-su, questo è il suo nome.
E si sentirà in dovere di meritarsi il frutto di tanta premeditazione alla vendetta.
"Anche se sono peggio di una bestia, non ho diritto di vivere pure io?"
Old boy, oltre che un film di straordinario talento registico, risulta impreziosito in modo fondamentale dalla inquietante maschera scenica di Choi Min-sik, spesso coinvolto con altri grandi autori ad impersonare personaggi inquietanti, ma qui senza dubbio all'apice del suo talento di interprete unico ed indimenticabile.
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