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Old Boy

Regia di Chan-wook Park vedi scheda film

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La recensione su Old Boy

di lussemburgo
8 stelle

Il protagonista, Daesuoh, è stato rapito e rinchiuso in un monolocale per quindici anni, tre lustri passati a vedere il mondo e la Corea cambiare dalla finestra della televisione, ad allenarsi per non impazzire e a meditare la vendetta. Ed è solo alla vendetta che pensa quando viene rilasciato, iniziando a torturare e a far fuori gli aguzzini che gli capitano sottomano per giungere al mandante della sua prigionia, l'artefice di quella prolungata tortura. E sulla strada della ricostruzione dei motivi della sua segregazione dalla vita, gli capita di incontrare una ragazza molto più giovane e di innamorarsene, riamato, tanto da averla ben presto alleata al fianco.
Il plot è semplice, la variazione amorosa apparentemente scontata, ma mentre avanza, il film rivela la capacità di ribaltare ogni situazione, tutte le digressioni si trasformano in sviluppi logici della trama. La violenza, evidente e spesso esplicita, può anche disturbare (denti tolti a colpi di martello, polipi mangiati vivi), ma lo stile del film è grottesco e la stilizzazione attenua la ferocia, mentre la sceneggiatura allontana ogni parvenza di gratuità.
Girato con inventiva, con grande capacità ludica unita a una consapevolezza formale che richiama spesso Tarantino (e anche il tema della vendetta di Kill Bill), Old Boy rivela nello svolgersi una struttura speculare, con ricorrenza dei temi del doppio e della dualità, in cui tutto è anche il suo opposto e ogni cosa assume, ad una lettura più approfondita, un duplice e doloroso significato. Il film si dipana alla maniera di una seduta psicanalitica non sulle ragioni del male, ma sulla necessità quasi ontologica della vendetta come unica illusoria cura al dolore esistenziale, diventa un processo maieutico indotto di ricerca della verità, uguale e contrario a quello autoprotettivo della rimozione. E in questo contesto psicanalitico non sorprendono i precisi riferimenti alla pittura di Salvador Dalì (le formiche, gli orologi liquefatti di un tempo che corre ma non scorre, il desiderio del sesso e la sua paura).
Quello che si stabilisce tra i due antagonisti, il carceriere e il carcerato, non è un duello a distanza di tempo, bensì un complicato duetto tra colpe e abusi, tra dolore e tortura (fisica quanto psicologica), che si radica, in forma perversa, nel melodramma dell'amore e della morte.

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