Regia di Stephen Hopkins vedi scheda film
Il regista Stephen Hopkins ha raccontato di aver impostato questo film, con gli sceneggiatori, «come se fosse un film di Peter Sellers su Peter Sellers». Infatti, Tu chiamami Peter (titolo italiano demente – perché privarsi dell’unico elemento di richiamo, l’identificazione di un attore caro al pubblico? - per l’originale The Life and Death of Peter Sellers) è prima di tutto una carrellata su facce, voci, personaggi, maschere, mostri che hanno costellato la carriera dell’attore comico più multiforme degli ultimi cinquant’anni. Proprio come Sellers in un solo film riusciva a tramutarsi in tre, sei, dodici, ventiquattro personaggi diversi, qui lo strabiliante Geoffrey Rush riprende tutte le sue espressioni e intonazioni, a partire da quelle private per arrivare a quelle più celebri. Un attore che fa l’imitatore di un attore che imitava spesso la stupidità, talvolta la crudeltà, raramente l’ingenuità della vita. Ma allora, perché non riguardarsi l’originale, che aveva comunque il dono di una geniale follia? Quanto allo scavo nella vita privata di Sellers, nel suo rapporto divorante con la madre Peg e in quelli tempestosi e crudeli con donne, amici, colleghi, nelle sue nevrosi debordanti e incontenibili, nella sua tristezza di fondo, purtroppo il film di Hopkins non scende in profondità e non raggiunge mai la tragedia che probabilmente rappresentava l’altra faccia dell’attore.
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