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Tu chiamami Peter

Regia di Stephen Hopkins vedi scheda film

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La recensione su Tu chiamami Peter

di barabbovich
8 stelle

A 25 dalla scomparsa (1980), Stephen Hopkins celebra - come recita il titolo inglese - la vita e la morte di Peter Sellers, mattatore ai botteghini d'Oltremanica per più di un ventennio, tra gli anni '60 e i '70. I film del genere sono sempre una scommessa: c'è spesso qualcuno pronto a storcere il naso su forzature e omissioni. Del film del regista britannico salta all'occhio la sproporzione tra la dimensione privata e quella professionale dell'attore inglese: c'è molto della prima e - a dispetto della suprema interpretazione di Geoffrey Rush, che di Sellers recupera il ricchissimo repertorio mimico - poco della seconda. Il film suona le trombe sugli eccessi del protagonista, sul suo egocentrismo (quando l'impresario gli dice, a proposito del fatto che Sellers ancora non era noto negli States, che a Duluth non lo conoscono, Sellers risponde "Beh, neanch'io so dov'è Duluth"), sul rapporto patologico con la madre (Margolyes), sulla vita sentimentale sregolata (Sellers ebbe quattro mogli), sulla personalità incontenibile. Dalla parabola artistica di Sellers emergono l'odio per la figura dell'ispettore Clouseau, il difficile rapporto con i registi (come Edwards e Kubrick), l'altalena nei successi (ce una bella battuta in cui Rush-Sellers dice "Sai come puliscono i cinema? Con i miei film: è molto più facile passare l'aspirapolvere quando le sale sono vuote"), fino alla consacrazione oltreoceano. Insomma, il film ha i suoi limiti, ma Hopkins ha evitato la trappola dell'agiografia con un racconto biografico pieno di humour e inventiva, nonostante la vita di Sellers - morto ad appena 54 anni - appaia come un tormento.    

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