Regia di Stephen Hopkins vedi scheda film
“Il cinema è un mezzo impietoso che non perdona mai”. Lo sapeva bene un genio, prima ancora che attore, regista e quant’altro serve per descrivere Peter Sellers.
The Life and Death of Peter Sellers (inspiegabile il Tu chiamami Peter italiano) di Stephen Hopkins traccia uno schietto ritratto dell’attore britannico, mostrando tutto ciò che Roger Lewis ha scritto nell’omonima biografia. Dall’ispettore Clouseau, il goffo Hrundi V. Bakshi di Hollywood Party a il Dottor Stranamore, l’eclettico trasformista per antonomasia del cinema mondiale, Sellers, rivive nel bel film tutti i personaggi, grazie all’incredibile bravura dell’australiano Geoffrey Rush (Premio Oscar con Shine).
Il film di Hopkins ripercorre le tappe più importanti della vita artistica di Sellers: dagli esordi alla radio, passando per le ricostruzioni storiche dei set de La pantera rosa, Il Dottor Stranamore, fino ad Oltre il giardino di Ashby, con la famosa scena della camminata sul lago. Tuttavia c’è una grave lacuna: l’assenza di Lolita di Kubrick, film con cui cominciò la collaborazione fra il regista e l’attore.
Il ruolo di Rush, per il quale si dice abbia sopportato decine e decine di lunghe ore in sala trucco, non si consuma semplicemente attraverso i personaggi storici di Sellers, ma anche mediante l’interpretazione degli altri protagonisti della storia: il padre, l’ossessiva madre, la moglie, che dialogano con il pubblico in sala, quasi volessero loro oggi raccontare chi era Peter.
Hopkins, conosciuto dal grande pubblico per aver diretto film di tutt’altro genere (Predator 2, Lost in Space - Perduti nello spazio, Blown Away - follia esplosiva), si cimenta in un arduo compito. Una biopic di Sellers non è cosa da poco. Lo fa servendosi, tra l’altro, di un cast attoriale d’eccezione: da Charlize Theron (che interpreta l’attrice Britt Ekland, seconda moglie di Sellers), Emily Watson (nei panni della prima moglie Anne), John Lithgow (in quelli di Blake Edwards), Stanley Tucci (un improbabile Stanley Kubrick) a Sonia Aquino (e finiamola col dire ch'è la ‘fotocopia’ della Loren!). Il risultato è la dimostrazione di come il patinato mondo del cinema (“Hollywood è solo uno stato mentale”), insieme alla figura di genitori troppo indulgenti, fanno di Peter un genio insicuro, violento, collerico, sempre sull’orlo di una crisi di nervi, morto prematuramente, a soli 54 anni, nel luglio del 1980 in seguito ad un attacco di cuore, ma con l’eredità di 60 film e la consapevolezza che “le star non hanno tempo per le lacrime”.
Giancarlo Visitilli
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