Regia di Tony Gatlif vedi scheda film
Zano e Naïma di Parigi non sanno che farsene. Lui è nato lì da genitori pieds noir, lei invece è di Algeri, ma sta in Francia da non si ricorda neanche più quanto tempo. Non conosce neppure la sua lingua madre. Partire è un po’ rinascere, e i due scelgono di andare incontro alle radici di entrambi. Bello il nuovo film di Tony Gatlif (l’autore di Gadjo dilo). La sua poetica sarà pure ripetitiva (viaggio - diversità - musica) ma solo André Téchiné con Loin è riuscito di recente a rendere così bene il richiamo culturale del Mediterraneo. Attraverso corpi, suoni, luci, sguardi, cibi, danze... E forse ci è difficile capire quanto sia importante la differenza di percezione tra un francese d’Algeria (il pied noir, come era Camus) e un’algerina di Francia (la beur), quella differenza che crea a volte il conflitto tra Zano e Naïma. Il montaggio musicale sottolinea le coordinate del viaggio, lo spostamento fisico e il percorso esistenziale: dalla techno metropolitana di Parigi alla trance sufi di Algeri, passando attraverso il flamenco dell’Andalusia. Due, tre sequenze da ricordare: la prima, dalla “finestra sul cortile” di un mondo al quale non si appartiene (più), quella sensuale dei pescheti e quella finale della danza sufi, eterna e incosciente, summa emozionale di un cinema al quale ci si deve abbandonare con i sensi.
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