Regia di Paolo Sorrentino vedi scheda film
Forse il bellissimo titolo è l'unico punto debole del film di P.Sorrentino, perchè è fuorviante e ingannatore, perchè di tante cose parla il film e fa riflettere, ma " l'amore " per il protagonista non ha significato, non rappresenta niente che riconosca. Interpretato dall'attore italiano del momento ( che si protrae con merito ormai da lungo tempo), Tony Servillo, il protagonista principale è un anonimo e scialbo commercialista, Titta di Girolamo, confinato in una piccola cittadina svizzera, in realtà asservito alla mafia per punizione, obbligato a fare il riciclatore di denaro sporco. Niente di più sapremo di quest'uomo senza passato, senza vita propria, senza niente da immaginare. Sorrentino dà libero sfogo al suo indiscutibile metro creativo e suggestivo, e con inquadrature ravvicinate, soggettive, tagli fotografici sempre spinti sui particolari che mirano ad escludere il soggetto da un contesto ambientale più ampio, decostruisce la quotidianità di Titta, smonta pezzo per pezzo le sue abitudini vuote, i gesti ripetuti e maniacali, smaschera il non senso di un'esistenza nascosta agli altri e alla propria coscienza. Rimarrebbe l'amore, se fosse in grado di percepirne l'esistenza, e le sue implicazioni dolorose. Quando la noia, la ripetitività, l'alienazione del vuoto diventano insopprimibili, (Titta si cambia il sangue ogni anno e si fa un buco di eroina alla settimana) prova ad uscire da sè, a ribellarsi. Lo farà a modo suo, perciò con minime variazioni sul tema, con piccoli accenni che scombinano la sua ordinata monotonia, e se avvicinandosi a Sofia,la barista dell'albergo interpretata da Olivia Magnani,crede di vivere le conseguenze dell'amore, Sorrentino le fa solo intuire, le maschera con la teatralità misurata di Servillo, con i dialoghi stringati, con una cifra stilistica asciutta e una composizione scenica pressochè perfetta. Titta sceglierà, e questo sarà forse l'unico atto consapevole della sua vita, di morire, come dice lui stesso in un modo rocambolesco, ad effetto, ma anche in un desolato silenzio. Il finale contappone, le fuggevolezze e la pericolosità dell'amore con un'antica amicizia, vagamente ricordata e però non più alimentata da nessun tipo di sentimento. Il film mantiene un ritmo rallentato e sospeso che si presta ottimamente a incorniciare le caratteristiche del personaggio principale, e anche quando la narrazione assume toni più realistici la sua chiave di lettura resta saldamente legata alla non vita di cui il protagonista è succube, e dalle conseguenze che si ripercuoteranno sulle sue scelte. Finora è il capolavoro del regista.
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