Regia di Paolo Sorrentino vedi scheda film
Film piuttosto atipico per il nostro panorama cinematografico, “Le conseguenze dell’amore” racconta la vicenda di un modesto “impiegato” della mafia che vive da anni in un lussuoso albergo di Lugano, in Svizzera, dove ricicla denaro sporco per conto dell’Onorata Società. La sua vita scorre sotto il segno dell’alienazione più completa, finché il casuale incontro e l’abbozzo di un’amicizia con una cameriera dell’albergo da cui si sente attratto lo condurranno a scelte rischiose e radicali.
Il film è l’opera seconda di un promettente regista napoletano, Paolo Sorrentino, che già si era fatto notare con “L’uomo in più”, ugualmente interpretato dal grande teatrante Toni Servillo. La performance dell’attore è qui essenziale nel comunicare il vuoto e la miseria morale nella quale annaspa un personaggio che, curiosamente, ricorda per certi versi il protagonista dell’ “Uomo che non c’era” dei fratelli Coen, interpretato da Billy Bob Thornton. Come il collega americano in quel film, Servillo gioca di sottrazione, prosciuga la sua maschera da qualsiasi tentazione istrionica e comunica con efficacia un fallimento e uno squallore esistenziale da cui il protagonista sembra per un attimo risollevarsi grazie all’illusione di un rapporto d’amore che, anche per colpa degli scherzi del destino, non potrà concretizzarsi e porterà anzi ad uno scioglimento della vicenda piuttosto atroce. Se l’arte di Servillo è impeccabile e merita ogni elogio, altrettanto funzionale risulta la regia di Sorrentino che si districa fra atmosfere da film noir, colpi di scena imprevisti e certe volute sottolineature e perfino lentezze narrative che, con rimandi più o meno espliciti a Simenon e agli autori di un certo genere di thriller “esistenzialista”, raffreddano il materiale di partenza e contribuiscono alla definizione di un clima asettico e sospeso dove l’incombere della tragedia si fa sempre più opprimente. Molto curate la fotografia di Bigazzi e una colonna sonora straniante, da notare il felice esordio di Olivia Magnani (nipote della grande Anna) nella parte dell’impossibile oggetto del desiderio. Un bell’esempio di cinema italiano controcorrente, forse un tantino intellettualistico per la grande platea ma di sicuro effetto per gli spettatori più vigili e pazienti. 8
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