Regia di Andrew Adamson, Kelly Asbury, Conrad Vernon vedi scheda film
Altro che “a Natale vogliamoci tutti più bene”, oppure: “non bisogna mai parlare male di niente e di nessuno, almeno a Natale…”. Finalmente, questa volta nessuno dello star-system è risparmiato. Grande lezione da parte della DreamWorks, come la Pixar, che ha capito come sia tramontata l’era del cartoon per bambini (ammesso che tale genere debba avere per forza un’età come riferimento): lo dimostrano Monster & Co., Alla ricerca di Nemo, ma più di tutti il sequel del famosissimo ‘orco buono’, Shrek 2.
La luna di miele di Shrek e Fiona, con tanto di filmato in cui lei e lui si rincorrono alla moviola, abbracci appassionati sulle spiagge lambite dalle onde, a tratti disturbati da inopportune sirenette, rappresentano la conclusione del primo episodio e l’inizio dell’altro. Lì, però Shrek era più buono, in questo, invece, seppur con ironia, l’orco sembra volersi togliere qualche pulce e fare i conti direttamente con quelli della ‘fabbrica Hollywood’, a partire dal messaggio buonista di cui è pieno il film: l’accettazione di sé e del proprio aspetto, ma soprattutto il farsi accettare dagli altri, attraverso anche l’utilizzo di pozioni magiche (oggi le chiameremmo lifting), che trasformano l’orco in principe azzurro, il ciuchino in stallone, il re cattivo in rospo felice. E’ per questo che colpisce la geniale ironia del regista Andrew Adamson. Egli non solo trasforma i personaggi, facendo di un orco l’eroe e di un asino che ‘parla’ negro (doppiato dal bravissimo Eddie Murphy) il suo compagno d’avventure; non contento li fa sfilare anche sulla classica passerella, con tanto di riflettori e fa dell’orca, divenuta simpatica per causa di forza maggiore o per la tenerezza che sprigiona (in realtà tutt’altro che bella), la rappresentazione ironica di una “bella di Hollywood”, che le da la voce, Cameron Diaz. Per non parlare, poi, del continuo e pungente sodalizio fra i nomi di negozi e tutto ciò che rientra a far parte del grande calderone che ruota intorno al peggior cinema-spettacolo; straordinario l’accostamento del nome della boutique “Versacery” a quello di un famoso stilista, fra l’altro italiano, che veste attori e attrici di tutto il mondo. Ma non è solo l’abito che fa (il monaco) il cinema. Anche certi altri accostamenti, a partire dal Pinocchio-Tom Cruise, sulle note di Mission: Impossibile, il nuovo personaggio, il gatto con gli stivali e dagli occhi dolci, con la sindrome da Zorro, per giunta doppiato da Banderas.
Shrek 2, è fuor di dubbio che ha qualcosa in più, rispetto al primo, pur trattandosi sempre della storia della bella e della bestia, ma completamente rivisitata e combinata con la presenza di personaggi secondari, che le stesse voci degli attori sembrano caratterizzare anche nei comportamenti. Qui non esiste più la ‘canonica’ dialettica-legenda dei buoni o cattivi (di cui anche Vasco, ultimamente, s’è convinto), del bello e del brutto, dei ‘normali’ e dei non (a cui anche il Grande Fratello sembra essersi furbescamente immolato), del si deve e del non si deve: qui, tutto è permesso. Rutti, peti e finanche la possibilità che il povero mangi col ricco. E’ solo allora che ci si accorge di essere dinanzi ad una favola, con un disegno animato, che sembra quasi umanizzare i personaggi, rendendoli verosimili.
Shrek 2 è anche accompagnato da una ricca colonna sonora di brani ‘mitici’ degli anni ’80, dalla disco alla pop music, compresa un’esilarante show finale con tanto di personaggi che, alla maniera di Riki Martin, fan finta di cantare, muovendo un po’ il culo, e mandando in visibilio le fans. Anche per questi fanto-personaggi Shrek ha qualcosa da dire. Ad ognuno la sua.
Giancarlo Visitilli
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