Regia di Pedro Almodóvar vedi scheda film
Quello che mi stupisce sempre nei film di Almodovar è la semplicità. Nel saper raccontare e descrivere senza falsi pudori o moralismi la vita di quelle persone che la società, quasi sempre, pone al di fuori di essa. Parlo dei travestiti, dei transessuali, delle puttane. Persone che vediamo sempre con occhio accusatore, che associamo a luoghi comuni e a falsità clamorose. Pedro ha la straordinaria capacità di mostrarci la vita di queste persone. Una vita reale fatta di umori, desideri sessuali, ironia e dolori. Questo è il più grande merito di Almodovar, dare voce a persone che altrimenti non potrebbero mai averla percè relegate nel limbo dell’ amoralità e della condanna.
Il regista fa un passo indietro rispetto ai due precedenti film (Tutto su mia madre e Parla con lei) e ritorna sulla scia delle sue prime produzioni. Ritorna a tessere quelle leggi del desiderio che regolano impossibili quanto tragici triangoli amorosi. Di natutra omosessuale, naturalmente. Il film si sviluppa come un continuo intreccio tra storie. Tra la fantasia generatrice (un racconto, un film) e la realtà di come le cose si sono svolte. Almodovar gioca di continuo su questo doppio registro calando la natura melodrammatica della pellicola in un contesto decisamente diverso (la traveste da giallo) nella seconda parte del film.
La Spagna è prima quella degli anni ottanta (periodo particolarmente caro a Pedro), poi quella degli anni cinquanta e poi di nuovo quella del periodo della movida.
Come sempre sono i colori che creano le ambientazioni (soprattutto negli anni ottanta). Colori vivaci, forti, pieni di vita. Poi gli oggetti, i quadri, l’ arredamento. Tutto si mischia in una confusione cromatica che non è segno di spaesamento stilistico ma di irrequietezza vitale.
Negli anni cinquanta, quelli relativi al colleggio, Almodovar racconta la storia particolarmente difficile dell’ amoreamicizia tra due bambini e dell’ amore di un prete verso uno di essi. Il tema della pedofilia entra nel suo film in maniera sommessa. Quella di Almodovar non è una denuncia nei confronti della chiesa, è solo un pretesto narrativo finalizzato allo sviluppo della storia che vuole raccontare. La chiesa è considerata più all’ interno della ricchezza visiva della sua liturgia che nei metodi di insegnamento o repressione del colleggio. Il prete freme di amore terreno nei confronti del giovane Ignacio fino a divederlo dall’ amico per tenerlo per sè. Ignacio una volta cresciuto non diventerà uomo, ma donna. Forse proprio a causa della confusione che in lui è nata dall’ ambiguo rapporto con il prete. Tutto il motore narrativo del film è basato sulla figura di Ignacio. E sullo svelamento della sua vera identità.
La musica accompagna, come al solito, lo stravolgersi delle passioni. Le immagini frugano nelle vicende del cuore lasciando i personaggi in preda ai propri implacabili desideri.
La mala educacion, la cattiva educazione è quella dei nostri sentimenti. Proprio perchè i sentimenti non possono essere educati. Perchè sono qualcosa che esula da una sana e obiettiva istruzione. Forse aveva visto bene il nostro Little Tony a dire che il cuore è matto e che l’ unico modo per calmarlo è dire la verità. Il cuore batte all’ impazzata perchè non sa come vanno le cose. E allora crea gelosie, ossessioni, deliri. Il cuore che non conosce le sorti dell’ amato è costretto alla follia.
Pensate poi ai cuori folli di quelle donne costrette, da uno strano scherzo divino, a vivere nel corpo inadeguato di un uomo.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta