Regia di Joel Coen, Ethan Coen vedi scheda film
La rinuncia piÙ incomprensibile nella sceneggiatura rielaborata da Ethan e Joel Coen su quella della Signora omicidi di William Rose è quella al ruolo centrale e inconsapevolmente attivo che la vecchia signora Wilberforce assumeva nel piano criminale dei suoi ospiti. Era cioè lei a ritirare il malloppo dal deposito bagagli della stazione di St. Pancras, lei della quale (pensava acutamente e giustamente il capobanda professor Marcus) i poliziotti mai e poi mai avrebbero sospettato. E questo dava origine ad alcune delle scene più perfide ed esilaranti del film di MacKendrick, con i banditi che la osservavano da lontano e la vecchietta che a più riprese tergiversava, tornava nella stazione per riprendere l’ombrello dimenticato, bloccava addirittura il traffico del quartiere per malmenare un ambulante che maltrattava il suo cavallo. Per il resto, la sceneggiatura di The Ladykillers, a parte gli aggiornamenti di luogo e di tempo, segue quasi passo passo l’originale. Ma la sensazione è che l’intera operazione giochi un po’ al ribasso: toni sociali ribassati, umorismo quasi tutto di superficie, cattiveria in sordina, più che altro un incontro-scontro di caratteri che sono al limite della caricatura. Per quanto citi a raffica Edgar Allan Poe, il professor Dorr di Tom Hanks è molto meno inquietante del professor Marcus di Alec Guinness, e i suoi quattro compari (che pure corrispondono a tipi reali) sono molto meno sferzanti verso le rispettive categorie sociali di quanto non fossero i loro modelli del ’55. L’unico personaggio che emerge davvero a tutto tondo è quello della padrona di casa, la signora Munson, meno svanita della signora Wilberforce ma altrettanto energica e decisa a far rigare dritto i cinque finti musicisti. E con lei, acquistano forza l’ambientazione, il Mississippi, lo scorrere lento del tempo e del blues, la provincia. Piccoli cenni di un Fargo sudista, che ci sarebbe piaciuto vedere dai Coen, ma che i Coen forse hanno già fatto (Fratello, dove sei?) e che, qui, troppo attenti a una pura “macchina” narrativa, hanno trascurato.
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