Regia di Fiorella Infascelli vedi scheda film
Una giovane ragazza di campagna è in procinto di convolare ad agognate nozze. Ma qualche settimana prima dell’evento viene violentata da un gruppo di uomini, proprio sotto l’albero in cui era solita flirtare amorevolmente col suo promesso sposo. La frattura è secca e brutale. L’elaborazione del lutto lenta e dolorosissima. Il quasi marito scappa, la madre (l’intensissima Piera Degli Esposti) della sventurata attende in silenzio l’esito della convalescenza. Intanto, uno degli stupratori, il sarto che aveva realizzato il vestito della giovane, comincia a corteggiare la sua (ignara) vittima, in un cinico gioco delle parti, dove il pericolo corre a passi veloci verso l’inesorabile destino. Fiorella Infascelli costruisce un mélo nascosto, dove i personaggi sono costretti a celare i propri sentimenti. Il suo atto d’accusa contro il matrimonio è simbolicamente rappresentato da una delle sequenze più forti del film, quella in cui l’abito pronto per la cerimonia viene chiuso in un sacco con la zip come fosse un cadavere da trasportare all’obitorio. Feroce con(tro) l’amore, azzarda percorsi impossibili in una disperata ricerca di sentimenti alternativi. Bravissimi Maya Sansa e Andrea Di Stefano, chiamati a misurarsi con sfumature sottratte, piccoli spostamenti del cuore, frammenti di felicità (assai intensa la scena del pre-finale ambientata su una spiaggia: c’è sempre il mare nei film di Fiorella Infascelli; ed è sempre un mare da amare). E molto funzionali le musiche di Andrea Guerra, note che inseguono con delicata fermezza l’evolversi della ineluttabile vicenda. Dura e crudele, Il vestito da sposa è una di quelle opere che avvolgono piano piano i pensieri, che inchiodano gradualmente alla sedia, che si spostano e si dimenano come quegli animali feriti convinti di essere caduti in una trappola sproporzionata al loro invisibile fato.
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