Regia di Fiorella Infascelli vedi scheda film
Tema difficile, film sconfortante. La Infascelli mette in 16:9 la storia di una ragazza che a un mese dal matrimonio subisce una violenza carnale a opera di quattro uomini e questa esperienza stravolgerà completamente la sua vita. Il tema dello stupro è difficile da affrontare, comunque, sia perché dei sentimenti contrastanti che possono poi impossessarsi delle donne che lo subiscono si sa poco, sia perché l'argomento è forse troppo spesso messo da parte. Certo, la Infascelli si guarda bene dall'approfondire i sentimenti contrastanti della protagonista, questa violenza viene subita e poi passivamente superata e il senso di distruzione proprio suo si dissolve nella distruzione di tutto ciò che è stata la sua vita fino a quel momento e di tutto ciò che le apparteneva. E' straziante la scena sotto la quercia, ben riuscita l'intuizione della stanza con tutti i vestiti tagliati a pezzettini. Ci sono diverse cose che non mi piacciono del film, però. In primo luogo la recitazione degli attori che non sempre sono al meglio delle loro capacità. Di Stefano è inguardabile, sembra un bimbo a una recita scolastica. La Sansa invece ha dei momenti di grande interpretazione e dei momenti di stanca in cui il suo personaggio riesce falso e male interpretato. Meglio la sua performance in Buongiorno, notte, ma mi viene da pensare anche che tante volte attori bravissimi nelle mani di registi poco abili perdono parte della loro capacità interpretativa. Le metafore volutamente ricercate sono, per l'appunto, troppo costrette e ricercate. La Infascelli inscena coincidenze banali (la scena del trattore attraverso le persiane l'ho trovata girata in una maniera imbarazzante, la morte del carnefice, l'allontanamento del cane sul luogo della violenza) che a lungo andare risultano essere stucchevoli prove di abilità visiva con scarso spessore psicologico. Sarà che sono influenzato dalla lettura del libro Stupro di Patrizia Carraro che scuote le coscienze e sa approfondire aspetti psicologici e fisici che segnano indelebilmente l'animo del lettore, ma alla fine l'argomento mi sembra trattato in maniera quasi superficiale. Manca un vero confronto tra Stella e Andrea, lui è un personaggio pusillanime che non sa affrontare la situazione di petto e scappa non appena lei gli dice che non lo ama. Va bene, entrambi sono sconvolti, ma che cosa davvero prova lui? E lei? Perché non un confronto serio, sembra piuttosto che la regista voglia tagliare corto su questo aspetto per andare avanti nella beffa della tragedia, la vittima che si innamora del carnefice, che più che apparire come una di quelle tristi coincidenze della vita, sembra l'ennesima forzatura di cui se ne sarebbe fatto volentieri a meno. Del resto, quante sono le donne violentate che non hanno mai saputo da chi hanno subito violenza? E infine, la rivelazione del carnefice e subito dopo la sua morte, senza altro che uno sguardo di sconforto, un pianto (di Stella) vittima del proprio destino e del proprio cuore ingenuo: non è una conclusione frettolosa, per tagliare corto? Per fortuna che c'è la splendida ripresa di un tramonto sul mare, l'immensità, il mare bello perché grande e in esso si disperde la bella protagonista mentre nuota verso il sole nella sconsolazione bagnata di pianto della sera.
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