Regia di Mario Lanfranchi vedi scheda film
Mario Lanfranchi entrò come regista in Rai nei primi anni di vita della televisione di Stato. Accanito melomane, trascinò l'opera dentro al piccolo schermo con risultati apprezzabilissimi. Nel 1962 tentò di portare La serva padrona di Giovan Battista Pergolesi al cinema, incontrando però in questo caso i soliti ostacoli contro cui vanno a sbattere le trasposizioni teatrali sul grande schermo: tanto per cominciare, il tentativo di infrangere l'unità di spazio e tempo è scarsamente convincente. E in secondo luogo è improponibile un lavoro così culturalmente 'alto' (non una scena parlata, didascalie quasi inesistenti, se non si conosce l'opera non si capisce - insomma - nulla) per l'audience cinematografica, che è un pubblico pagante (fattore che distingue in maniera essenziale la maniera di usufruire di tale mezzo di comunicazione rispetto a quello televisivo). Bravi comunque tutti gli interpreti, a partire dalla coppia di protagonisti formata da Anna Moffo (moglie del regista) e Paolo Montarsolo; scene e costumi di stampo prettamente televisivo, durata di un'ora tonda anche perchè il lavoro di Pergolesi nasce in realtà come intermezzo e non come opera fatta e finita. Soltanto nel 1967 - con Sentenza di morte - Lanfranchi approderà al cinema nel senso lato della parola, prescindendo cioè dalla lirica. 5/10.
Serpina, piacente serva di Uberto, scapolo non più giovane, fa di tutto per farsi sposare dal padrone. Ma lui non ne vuole sapere. Allora la ragazza tenta la carta della gelosia.
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