Regia di Andy Warhol vedi scheda film
Con The Chelsea Girls, Andy Warhol realizza il perfetto compromesso tra banalità e stravaganza, tra casualità e progettazione, tra dissonanza ed armonia. L’informe mollezza del lasciarsi vivere diventa, davanti alla cinepresa, la seducente dolcezza del lasciarsi guardare. L’assenza di sceneggiatura e di montaggio conferisce alle immagini la rotonda fluidità dei fenomeni naturali, che si susseguono confluendo uno nell’altro, senza nessun’altra logica che la coerenza della spontaneità. I filmati realizzano così un jazz del vissuto, in cui i dialoghi sono solo parole aggiunte alla vera essenza musicale, che è la melodia delle emozioni e delle idee: queste si propongono nude e perciò prive di ogni eleganza formale, e libere, ossia orfane di contesto e quindi tutte, indistintamente, protagoniste. La visione multipla, tipica della pop art, porta alla luce la simultaneità della presenza, nel mondo, di tanti esseri simili eppure diversi, perché impegnati, in uno stesso momento, in azioni, pensieri e problemi di varia natura. Lo schermo diviso a metà presenta, una a fianco all’altra, due distinte situazioni di vita: sono le scene girate nelle stanze del Chelsea Hotel di New York - storico albergo degli artisti - che in questo film ospitano personaggi dell’ambiente underground, tra derive psicanalitiche, abuso di stupefacenti e trasgressività sessuale. La ripresa dotata di sonoro, posta accanto a quella muta, e la sequenza a colori contigua a quella in bianco e nero, producono una sorta di effetto prospettico, in cui il riquadro più appariscente (e quindi dominante) rappresenta la vicinanza ed il presente, il qui e adesso, a cui l’altro riquadro fa da sfondo, come un’ombra o un’eco, a ricordarci la profondità del reale ed il carattere relativo dell’istante. Il collage cinematografico si traduce così in un gioco di canto/controcanto che altro non è che il distillato, a due voci, della inestricabile polifonia dell’universo umano.
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