Regia di Nicolas Winding Refn vedi scheda film
Un buon inizio del danese Winding Refn; "Pusher" era già crudissimo nella messa in scena e sostenuto nel ritmo narrativo. L’illuminazione argutamente tonificata della fotografia di Morten Soborg esalta gli elementi grafici utilizzando uno stile asciutto, pulsante di finezze illustrative; la violenza non appare mai farsesca o amorfa, e si conforma misuratamente all’atmosfera cavernosa della Copenaghen degli spacciatori e delle prostitute ormai intrappolati in un degenerante percorso dantesco che non vede via d’uscita. Pur confinando nel suo approccio naïf della regia, Refn riesce sicuramente a proporre uno svisceramento psicologico dei personaggi colmo di quegli exploit brutali i quali sembrano ammiccare l’occhio alla migliore tradizione pulp degli anni ’70, senza però ridurre le sagome dei caratteri ad amene vignette da fumetto. La camera a spalla infatti è conveniente a circoscrivere il cast in un contesto dalla vena neorealista in cui l’espressività degli attori trapela convincentemente attraverso i loro stati d’animo. Il mosaico di personalità che ci appaiono davanti agli occhi, sebbene non sia vastissimo, è lustrato coerentemente, non permettendo mai allo script di strabordare in soluzioni rapide e grossolane, nonostante l’ottica pervenuta sia quella di una prospettiva castigata dalla scelta di una chiave di lettura tendente all'ostentazione di facili trivialità. Kim Bodnia (Frank), energico e naturale nel ruolo, si fa largo in un inferno senza speranza: coinvolto in un'affare andato male, dove scampa appena la detenzione, è costretto a sciogliere nell’acqua una quantità considerevole di droga appartenente ad un turpe faccendiere serbo. Adesso si trova dinanzi ad un vicolo cieco, sa benissimo di andare in contro alla morte: dovendo salvarsi prova qualsiasi cosa, picchiando debitori ed ex soci (tra cui, compare anche il più popolare Mads Mikkelsen, irriconoscibile nell'atteggiamento scatologico) in un turbine che si avvicina sempre di più al momento fatale. E nell'incespicare nel vuoto esistenziale, mostra comunque sprazzi di umanità con Vic (Laura Drasbæk) ma mantenendosi in una posizione fredda ed impassibile, sapendo benissimo che tutto potrà terminare da un momento all’altro (simbolica la sua esplosione d’ira quando Vic, dopo aver ricevuto un tanga come regalo, tenta di scambiare effusioni d’affetto e viene immediatamente scaraventata a terra). Abbastanza derivativo, seppur non banale, "Pusher" comprova che, anche per mezzo di budget oltremodo contenuti, si possano comunque realizzare dei piccoli cult capaci di accaparrarsi il loro posto d’onore nell’ambito della cinematografia underground.
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