Regia di Luis Buñuel vedi scheda film
Il “Fantasma della libertà” ha uno svolgimento della trama piuttosto insolito trattandosi di una serie di episodi concatenati uno all’altro per mezzo di un personaggio di ogni episodio che funge da raccordo per il successivo: è una forma che ricorda quella delle “Mille e una notte”, cioè del racconto nel racconto. Il risultato è una panoramica di personaggi e di situazioni, chiaramente metaforici, che pone in risalto l’assurdità e l’ottusità del modo di vivere della classe media e del suo rispetto ipocrita ai valori ed alle regole della società.
La tematica è tipica di Buñuel, rappresentata con modi surreali e paradossali per farsi beffe della borghesia e delle istituzioni che la rappresentano: lo Stato, l’esercito e la Chiesa. Il film, tuttavia, non raggiunge il valore artistico degli analoghi precedenti, “Bella di giorno” e “Il fascino discreto della borghesia” dove sono labili i confini tra sogno e realtà e la leggerezza di tocco non impedisce una feroce e penetrante ironia.
A me pare che Buñuel abbia qui calcato un po’ troppo la mano per mettere alla berlina il mondo borghese risultando, in alcuni episodi, piuttosto esagerato nello sciorinare assurdità e inverosimiglianze che, sebbene funzionali all’intento demistificatorio e consuete per il maestro del surrealismo, con la loro insistenza finiscono qui per far perdere incisività al racconto. Sono degni del miglior Buñuel, comunque, il folgorante inizio e la feroce satira dell’episodio nell’albergo, dove sono veramente impagabili i frati che giocano a poker puntando santini e scapolari.
In sostanza “Il fantasma della libertà” è un buon film con un ottimo cast in cui (per me) spiccano Milena Vukotic, Michael Lonsdale, Adolfo Celi e Jean Rochefort.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta