Regia di Luis Buñuel vedi scheda film
Nella Spagna del 1808, i francesi saccheggiavano chiese, profanavano tombe e fucilavano i patrioti (tra i quali un Bunuel che si concede un gustoso cameo) che morivano al grido "abbasso la libertà". E' una delle "leggende"di Braquer questa, che una governante sta leggendo su una panchina del parco di Parigi. Poco lontano, un uomo osserva rapito due ragazzine che giocano sullo scivolo, gli si avvicina e consegna a una di loro delle foto con la promessa di non mostrarle a nessun adulto. I genitori della ragazzina inorridiscono alla vista di queste foto che non sono altro che della cartoline illustrate dei monumenti di Parigi ad uso dei turisti. In un osteria, quattro frati si giocano a poker i loro paramenti sacri. Nella stanza vicina, un ragazzo è smanioso di vedere nuda la vecchia zia che, una volta spogliata, si rivela avere un corpo bellissimo. In un'altra stanza ancora, un uomo vuole che lo si stia a guardare mentre l'amante gli frusta le natiche. Un gruppo di borghesi si riunisce nella sala da pranzo per fare i propri bisogni fisiologici e ognuno si ritira furtivo in bagno per mangiare senza essere visto. Un uomo ha appena saputo di avere un cancro al fegato, ritorna a casa e scopre che la figlia è scomparsa. Ma la bambina è li, tutti la vedono ma lo stesso viene dato l'allarme per cercarla. Un uomo si mette a sparare da un grattacielo uccidendo una decina di persone. Viene arrestato, condannato a morte e subito rimesso in libertà. Un questore non viene creduto tale finchè non incontra il suo doppio e insieme danno l'ordine di sparare sulla folla in tumulto. E ancora, ci sono uomini che vanno a caccia di volpi con il carro armato, un'altro che si crede perseguitato dagli animali, un professore che insegna la relatività dei valori morali salvo poi avallare l'opportunità di piegarsi all'autorità delle leggi comunemente accettate e uno struzzo che sembra guardare compiaciuto le miserie umane. Questo ed altro fa il mondo capovolto di Luis Bunuel, un distillato di salutare ironia che sconvolge l'andamento logico della nostra percezione del reale, che ribalta il senso delle parole e dei fatti. Una spruzzata di intelligenza viva rivolta contro la passiva acquiescenza di uno stato delle cose accettato per abitudine e difeso per opportunità. Se si è presi atto che non sono valsi secoli di apologia della ragione per liberare l'uomo dalle convenzioni sociali che si è autoimposto, se si è giunti al punto che un'astratta idea di ordine sociale viene regolarmente preferita al piacere sano di abbandonarsi ai propri più intimi desideri, tanto vale divertirsi a destrutturare l'ordinario andamento sistemico per cercare di costruirne uno di segno opposto, giocare a rimescolare i pezzi che compongono l'esistente sensibile per ricomporlo come se si trattasse di un puzzle pensato a propria immagine e secondo regole tutte nuove. Se la libertà è un fantasma allora è meglio regolarizzare il paradosso. Ne vale una possibilità data all'uomo per affrancarsi dai vincoli codificati dal senso comune e liberare la libertà dello spirito dalla banalizzante recita di se stessa. "Il fantasma della libertà" è il manifesto anarchico di Luis Bunuel, che usa la ferrea logica dell'assurdo per minare le certezze consolidate dell'ordine costituito. La glorificazione del surreale per una rivitalizzante cerimonia iconoclasta. Jean-Claude Brialy, Julien Bertheau, Milena Vukotic, Adriana Asti, Michel Lonsdale, Adolfo Celi, Jean Rochefort, Monica Vitti, Michel Piccoli, tutti danno un volto all'inaudita plausibilità della vita e tutti sono partecipi di questa divertita sagra degli ossimori. Un capolavoro di irridente genialità. L'ennesimo di un maestro.
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