Regia di Luis Buñuel vedi scheda film
Il pensiero, per essere veramente libero, deve spezzare anche la catena dell’ultima schiavitù residua, che è la sua sudditanza al buon senso, alle leggi della logica, all’evidenza dei fatti. Un pluralismo che sia, a tutti gli effetti, paritario, è razionalmente possibile solo se ogni costume mentale viene assunto come una pura convenzione, che si sovrappone alla realtà senza pretendere, da essa, alcun riscontro e tantomeno un avallo. Solo con queste premesse la nostra mente potrà operare in maniera incondizionata, producendo frutti che potremo dire totalmente nostri. Nulla di ciò che crediamo o immaginiamo deve essere scritto da nessuna parte: non nei codici della tradizione, non nelle norme sociali, ma neppure nel dato oggettivo suggerito dalla percezione sensoriale. La responsabilità del nostro agire, non potendosi riferire ad alcunché, ricade allora interamente su di noi, che diventiamo i giudici esclusivi di un bene e un male individualmente definiti. Questi sono i termini estremi della provocazione lanciata da Luis Buñuel, che mostra come il relativismo esasperato – applicato non alla morale in senso stretto, ma, più in generale, al nostro approccio verso il mondo – sia privo di storia, di significato, di sostanza e dia vita unicamente ad un turbinio di azioni incapaci di realizzare obiettivi e creare progresso. Si procede quando è inutile (ad, esempio, mobilitando le forze dell’ordine nella ricerca di una bambina che non è scomparsa) e si torna indietro anche quando ciò è paradossale (come quando si accetta l’appuntamento con un defunto); ci si innalza verso il sacro solo per provare un maggiore brivido nel precipitare dentro al profano (vedi i frati che si giocano a carte gli oggetti usati per le preghiere), e ci si arrocca coscienziosamente nel pudore per finire, poi, col vedere oscenità anche nelle situazioni più anodine (vedi le interpretazioni morbose delle forme dei monumenti parigini). Il nostro affanno nel fuggire da ciò che è scontato si traduce così, anziché in una rivoluzione volta al rinnovamento, in una frenesia senza capo né coda, in cui, pur di non essere banali, ci si concede a qualunque bizzarria. Il fantasma della libertà è lo spettro a cui si riducono il rifiuto, l’antitesi, la negazione quando non sono sostenuti dalla coerenza di uno schema teorico, né dall’appassionata fede in un’idea.
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