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Kamchatka

Regia di Marcelo Piñeyro vedi scheda film

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La recensione su Kamchatka

di OGM
8 stelle

Kamchatka è un luogo della Terra, ma anche una zona del tabellone del  T.E.G. (Plan táctico y estratégico de guerra), una variante del Risiko!, lanciata sul mercato argentino nel 1976. Lo stesso anno in cui il generale Jorge Rafael Videla prese il potere con un colpo di stato. Quella penisola, un avamposto situato all’estremo est della Russia, è il simbolo della libertà difficile da conquistare e da conservare: un rifugio  remoto, eppure esposto agli agguati dei nemici. Il piccolo Harry e il suo fratellino Simon sono figli di un avvocato, costretto, dopo il golpe, ad abbandonare Buenos Aires con tutta la famiglia per trasferirsi in una località segreta. Il professionista sceglie di assumere il falso nome di David Vicente, e decide di fingersi architetto, come l’eroe di The Invaders, una popolare serie tv dell’epoca, in cui l’umanità è  minacciata dall’arrivo di una popolazione di alieni.  Nella nuova abitazione, Harry trova un libro su Houdini: il “mago” ungherese che,  con  le sue doti di invincibile evasore, diventa subito, per lui,  un leggendario modello da imitare. L’incubo della cattura ed il sogno della fuga sono gli opposti termini di un gioco clandestino, che si pratica di nascosto, e che estende drammaticamente, al mondo dell’infanzia, la sinistra ombra del proibito e il duro profilo della sfida. Nella clandestinità, l’universo degli adulti è, agli occhi dei bambini, come una densa cortina di fumo, in cui si confondono misteriosi sussurri notturni  ed inspiegabili  tabù. Sullo sfondo, a presiedere a quel cupo enigma che è improvvisamente piombato nella loro vita, compare l’imponente spettro di un altrove, che attrae come possibile luogo di salvezza, ma, nel contempo, spaventa come probabile esilio da cui non c’è ritorno. Con questo film, Marcelo Piñeyro mostra come la condanna, la prigione, l’alienazione facciano il loro ingresso, nell’esistenza umana, molto prima che la persecuzione politica si concretizzi nell’arresto, nella deportazione, e magari in una sentenza di morte. Non potersi più essere se stessi e perdere la basilare certezza di essere ancora lì, domani, a casa propria, insieme ai propri cari, è già una reclusione, una tortura, un effettivo anticipo della sanguinosa repressione che, per far tacere le voci, cancella le persone che ne sono le innocenti ed oneste portatrici.

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