Regia di Ron Howard vedi scheda film
The Missing è un film che non ha genere. O meglio: è un western, ma anche un film drammatico, d’azione, un thriller, classico e moderno… E’ semplicemente il film del regista del bellissimo A beautiful mind, Ron Howard, che s’è avvalso per la sceneggiatura di Ken Kaufman, tratta dal romanzo The Last Ride di Thomas Eidson.
Con lo sguardo e la buonafede di chi è cosciente di non poter riproporre la stessa visione dei ‘cieli fordiani’, degli spazi e del tempo, Howard inventa un set che assurgendo l’elemento naturale per antonomasia, genera l’artifizio dello spazio sterminato di un Sud-ovest immaginario, privo di confini, in cui Maggie Gilkeson vive con le due figlie, Lily e Dot, in un ranch del New Mexico. Un giorno arriva alla fattoria un indiano che ben presto si rivela essere suo padre, che aveva abbandonato la famiglia anni prima per seguire la vita degli Apaches e che Maggie non ha mai perdonato, accusandolo anche della prematura scomparsa della madre. Ma quando Lily viene rapita da un gruppo di efferati assassini, guidati da Pesh Chidin, uno stregone psicopatico, l'unica persona in grado di aiutare Maggie sembra essere proprio l’odiato padre. Maggie, Samuel e la piccola Dot iniziano una frenetica caccia all'uomo con lo scopo di bloccare la banda prima che passi il confine con il Messico.
E’ estremamente interessante la visione di The Missing con gli inevitabili riferimenti agli scenari attuali. Infatti, la banda del film comprende fuorilegge bianchi e transfughi indiani che hanno tradito le loro tribù arruolandosi nell’esercito americano come guide, per poi fuggire in seguito a maltrattamenti. E pensare che si tratta di maltrattamenti di gran lunga inferiori rispetto a quelli inferti agli iracheni, nonostante siamo nel 1883, più o meno gli stessi anni in cui la mostruosità degli americani in particolare, ha registrato un’ascesa eclatante, fino al maggio 2004. Ma è destinata a non esaurirsi, anzi…
Ma la bravura di Ron Howard consiste anche nella possibilità di leggere l’avventura come simbolo di un percorso d’amore, di perdono e di espiazione familiare. Anche qui utilizza lo sguardo di una bambina, la piccola Dot, come in Il Grinch. Bravissimi gli attori tutti, dalla Blanchet a Tommy Lee Jones. Straordinaria la suggestiva fotografia curata da Salvatore Totino, il cui lavoro avevamo già ammirato nei colori di Ogni maledetta domenica.
Sembra che, nel caso di questo regista, non centri nulla la riesumazione che Hollywood ha deciso di operare a favore del glorioso genere western. Dopo il pomposissimo e noiosissimo Ritorno a Cold Mountain e Open Range, il film di Howard, pone lo spettatore dinanzi alla dinamica per cui, ancora oggi, ci sono molte popolazioni che faticano a ritrovare la loro identità, a causa dei muri, mai definitivamente abbattuti, anzi ricostruiti; a causa della maldistribuzione delle ricchezze; ma soprattutto a causa delle guerre, combattute perché alla fine (che tarda sempre ad arrivare) scatti quella dinamica per cui, come nel film, le minoranze (etniche, sociali, religiose, economiche, politiche…) aspirano a diventare “altro”, rispetto a quello che il proprio dna riserva. Come gli Indiani che aspirano a diventare “bianchi” e “bianchi” che agognano alla spiritualità dei pellerossa.
The Missing è anche importante per la capacità didascalica del racconto: il mungere, tosare, scuoiare la pelle, sorvegliare le mandrie diventa il pretesto per cui v’è ancora l’esigenza d’immaginare un aspetto della vita di certe popolazioni, assolutamente decimate. Chissà se tra un secolo ci penserà qualcuno a fare un film sulla lavorazione dei copertoni delle macchine per fabbricare vasi, di cui nessuno ci ha mai raccontato. Tale lavoro lo svolgono, anche sotto le bombe, i bambini iracheni. The Missing è anche un validissimo invito a “non dimenticare”.
Giancarlo Visitilli
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