Regia di Patty Jenkins vedi scheda film
Uno dei film più belli dell’anno, senza ombra di dubbio. Non solo per l’interpretazione straordinaria di Charlize Theron (Premio Oscar, Golden globe e lo Screen Actors Guild: un numero di premi mai dato prima ad un’unica attrice), nelle vesti di una Mamma Roma, nei sobborghi della Florida. Questa “puttana da 30 dollari, dall’età di 13 anni” è speciale. Imbarazza per la crudele personificazione che la regista Patty Jenkins ha voluto trarre: un’America, non solo fantasticata, ma reale, essendo Monster basato sulla storia vera di Aileen Wournos, una serial killer femminile, spentasi nel 2002 in Florida tramite iniezione letale dopo aver passato dieci anni nel braccio della morte. Per la sceneggiatura del film la regista ha letto le centinaia di lettere che la Wournos ha scritto durante la sua permanenza nel braccio della morte, riportando sul grande schermo solo alcuni degli aneddoti più importanti della sua vita.
Aileen, ormai di mezza età, come ogni sera, alla fine del suo lavoro, si reca nei locali notturni per bere e lasciarsi dietro l’orrore di una vita vissuta, seppur in pochi minuti, con uomini che si riscoprono ‘padri’ solo quando scopano (“Prova a chiamarmi papà mentre ti scopo” le chiede un cliente). Una sera incontra Selby (sorprendente anche l’interpretazione di Christina Ricci), una ragazza giovanissima, in un pub per gay, e se ne innamora. Come Mamma Roma (di Pier Paolo Pasolini) prima e Angela (di Roberta Torre) poi, Aileen sacrificherà la sua vita per trovare i soldi che le servono per rendere la vita degli altri (figlia-figlio-amante) più dignitosa. Naturalmente, ha bisogno di lavorare, perciò è costretta a battere tutta la notte in strada. Tanti saranno gli incontri e scontri, fino a quello con un cliente, perverso e violento, che prima la tramortisce, poi tenta di ucciderla. Solo allora la donna sarà costretta a sparargli. Ma questo sarà solo l’inizio della fine di buona parte della clientela, d’ogni classe sociale, della giovane donna. Ogni uomo che compra la sua ‘merce’ sarà lo stesso uomo che ha cercato di violentarla. Lo stesso che la molestava quando aveva appena otto anni, lo stesso che le ha dato i cinque dollari quella prima volta, lo stesso che ora ‘caccia’ ai bordi o nei sobborghi d’ogni periferia, al centro d’ogni nostra città.
Chi sarà però il Monster non è difficile capirlo, quanto volerlo ammettere. Infatti, non bastano ancora tutte le (pseudo)discussioni nel salotto di Bruno Vespa per capire se è peccato o peccatore chi va o chi lo fa. Peccato che in tali occasioni don Benzi (un’isola nel gran teatrino della battage all’italiana) resti sempre escluso dall’interesse, soprattutto di chi conduce (La verità fa male…). Tuttavia, il Monster del titolo, oltre ad essere il ricordo dell’enorme giostra che la Wournus ha da bambina, è l’intera società, l’intero continente, che come la Aileen si prostituisce non per amore, ma per un piatto di lenticchie (ai tempi dell’Antico Testamento) e per un bel po’ di petrolio (nel 2004!).
Patty Jenkins per raccontarlo ha utilizzato un linguaggio scarno ed essenziale, anche se duro e crudele, proprio e ormai solo del cinema indipendente americano.
Non deve essere stato facile neanche per la bellissima ex modella Charlize Theron calarsi nel personaggio maldestro della Aileen, dopo aver accumulato tredici chili di peso ed aver deformato il suo bellissimo volto grazie al lavoro della truccatrice. Comunque la sua è un’interpretazione sconvolgente che, volenti o no, costringe a guardare il mostro dritto negli occhi. Proprio come accade ogni giorno nelle nostre case, mentre guardiamo le immagini dei ‘clienti’ mandati al fronte come carne da macello. Mostri anch’essi insieme ai loro reclutatori.
L’America che ha paura e che impaurisce è come Aileen che ha paura di andare sulla ruota gigante del lunapark, ma è capace di uccidere a sangue freddo sette uomini. Non per niente ammette di “sognare di fare il Presidente degli Stati Uniti”.
Ma non per questo, la Jenkins fa della Aileen un’eroina, né cerca di giustificare i sette omicidi. Anzi, mette lo spettatore di fronte alla triste e reale situazione di chi vuol cambiar vita e resta nell’impossibilità di poterlo fare, costretto dalle sconfitte quotidiane. E’ come se certe vite fossero da sempre già segnate nel loro destino. Perché chiunque tenti di “uscire fuori dai tunnel” d’ogni specie, rischia sempre qualcosa. Il motivo per cui oggi vale la pena vivere è quello di riconoscersi “mostri”. Tanto, comunque vada, alla fine “qualcosa devono pur dirti”.
Giancarlo Visitilli
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