Regia di Icíar Bollaín vedi scheda film
Prendi Ingmar Bergman e trasportalo a Toledo, nella piccola provincia madrilena. Scene da un matrimonio, face to face, con un marito irascibile e manesco e una moglie ancora troppo fragile per riuscire a tenere a debita distanza le intermittenze del cuore del focoso compagno. Almeno fino al giorno in cui la classica goccia fuoriesce da un vaso colmo di delusioni e frustrazioni. Le belle intenzioni trovano terreno fertile specialmente nell’ambito recitativo: i due protagonisti - Laia Marull e Luis Tosar, vincitori per questo film sia del Goya, l’Oscar spagnolo, che dei premi ai migliori attori all’ultimo Festival di San Sebastián - ci credono, così come la veterana Candela Peña, e si specchiano nei rispettivi talenti senza orpelli e senza pelle. La ricostruzione è fortemente realista e non accetta digressioni. La regista è un’antica conoscenza festivaliera: attrice (per esempio) per il Victor Erice di El Sur e il Ken Loach di Terra e libertà, dal 1992 si diletta anche dietro la macchina da presa con piglio femminista e stile che va oltre il mestiere. L’unico rimprovero è
nella scontata programmaticità dei suoi occhi, nel fatalismo forzato e nella narrazione che a metà del guado svela troppo presto i suoi connotati e i suoi approdi. Un film classico da cineforum, con proiezioni che commuoveranno e provocheranno reazioni ferme nell’altra metà del cielo e commenti che scaraventeranno quel che resta dei maschi all’inferno.
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