Regia di Mario Bianchi vedi scheda film
Una lunga barzelletta a sfondo sessuale, nulla di più: L'infermiera di mio padre è uno dei tanti licenziosi sottoprodotti girati in fretta e furia da un mestierante non molto dotato (che una decina di anni dopo concluderà la sua carriera nel porno, sigillando così una parabola in continua discesa) come Mario Bianchi; il nome principale di tutto il cast è quello di Francesco Mulè, caratterista rispettabile, ma certo inadatto a richiamare vasto pubblico. Gli altri interpreti sono di fama e di qualità perfino inferiori: ecco insomma che si profila un lavoro di marcato stampo trash. I primi dubbi sulla fattura del film vengono già alla presentazione dei personaggi, quando veniamo a sapere che Enzo Monteduro interpreta il ruolo del figlio di Mulè: i due attori sono pressochè coetanei e la situazione si fa da subito equivoca; inutile approfondire poi la salva di gag porcellone, di battute volgari o volgarissime, di scenette sexy che compongono la quasi totalità della trama: la sceneggiatura firmata da Adriano Asti e Delia La Bruna non va molto oltre al meccanico inanellare di sketch demenziali/erotici senza cura alcuna della consequenzialità logica. Non sono malaccio le musiche di Giacomo Dell'Orso, ma per il resto c'è davvero poco o niente da ricordare: spogliarelli, corna, pappagallismo italico e grevi doppi sensi. Erano d'altronde quelli gli anni in cui spopolava il film 'di genere' (e la commedia erotica è stato uno dei filoni più fervidi). 1/10.
Un nobile cornificato platealmente dalla moglie tenta di ritrovare la virilità affidandosi alle premurose cure di una sexy infermiera; anche il viziato e sciocco figlio dell'uomo ha una moglie infedele e neppure lui sa rassegnarsi alle corna.
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