Regia di Francesco Apolloni vedi scheda film
I misteri della distribuzione cinematografica italiana! Perché un film onesto, sincero, gentile (e simpaticamente ruffiano!) come “Fate come noi” del regista Francesco Apolloni, girato prima del 2000, dopo aver circolato “clandestinamente” in diversi Festival dovunque riscuotendo successo di critica e di pubblico, arriva solo ora nelle sale cinematografiche italiane? E’ difficile trovare una risposta ma miracolosamente (colpa di una Fata?) il film – tranne per la partecipazione straordinaria della nostra cara ed amata vecchia Lira – non risulta affatto datato raccontando di sentimenti eterni che pur dislocati tra la periferia ed il centro della nostra Capitale ci dicono dell’universalità di emozioni, paure e gioie che contraddistinguono le tappe di vita di ogni essere umano. Diviso in due capitoli che si svolgono in due giornate particolari (Ferragosto e la vigilia di Natale), “Fate come noi” segue amorevolmente le storie di una piccola umanità sola e bisognosa d’affetto: nel primo episodio, Bove (Francesco Venditti, naturale e simpatico) e Pechino (Mauro Meconi, una forza della natura!), due ragazzi di borgata, si raccontano le loro esperienze amorose e mentre il primo è in partenza per la vacanze a Rimini a Pechino non rimane altro – per racimolare i soldi per raggiungere l’amico – che intrufolarsi in un appartamento del centro dove Giustina , ottantenne, un po’ per miopia ed un po’ per disperazione, lo scambia per il nipote e gli regala la sua pensione per mandarlo in vacanza. E Pupella Maggio (qui nella sua ultima interpretazione) regala a questa nonna la sua scarna fisicità, i suoi gesti lenti e stanchi, la sua voce dialettale e musicale inondandoci di un sentimento d’amore sincero e disperato. Nel secondo episodio, Bove si ritrova casualmente a porgere la sua spalla a Giordana (Agnese Nano), una giovane donna delusa dall’amore, mentre Pechino fa l’involontario baby sitter di una ragazzina di 9 anni, Livia (Arianne Turchi): altro racconto di solitudine e sulla necessità di un affetto sincero che Apolloni non si vergogna a sviscerare in un film , se a tratti didascalico e prevedibile, amaramente divertente e leggero.
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