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Kill Bill. Vol. 2

Regia di Quentin Tarantino vedi scheda film

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La recensione su Kill Bill. Vol. 2

di FilmTv Rivista
8 stelle

Uma Thurman come Lana Turner, in automobile, con dietro un trasparente alla Hitchcock. Sguardo in macchina: «I’m gonna kill Bill!». Così la si vede nel trailer, così la ritrovate all’inizio del Volume 2, già selezionato dal Festival di Cannes per una proiezione di mezzanotte che, data la natura della pellicola e il contesto, farà storia a sé. Intanto quell’auto va, e il bianco e nero anni ‘50 si scioglie in un altro viraggio, un altro tempo e un altro spazio. Il matrimonio della Sposa (Uma Thurman) e l’arrivo di Bill, il massacro, l’inizio della storia. Ancora citazioni, e derivazioni, con praticamente tutta la colonna sonora della Trilogia del dollaro sparata ad alto volume fino alla fine. Eppure... Eppure è un’altra cosa. Eppure con il Volume 1 c’entra poco, fatta salvo la consequenzialità della vicenda. Il bianco e nero desaturato dell’”El Paso Texas Marriage Massacre” è quasi un negativo, una zona d’ombra, un trip in un altrove che non assomiglia, se non negli aspetti esteriori, nella “buccia”, al misticismo cinefilo di Pulp Fiction o del Volume 1. Benvenuti nel quinto film (e un quarto) di Tarantino, il suo capolavoro insieme a Jackie Brown. Diavolo d’un Quentin: temevamo che il flop del film con Pam Grier, Samuel L. Jackson e Robert De Niro lo avesse costretto ad un arretramento, e invece. Si capisce anche l’esigenza di spaccare in due Kill Bill, oltre che per la durata complessiva di 236 minuti. Un primo episodio “pulp” da dare in pasto ai produttori, alla critica e al pubblico, che infatti è accorso numeroso, e un secondo più libero, diverso, d’autore. Il Volume 2 è anche stilisticamente svincolato dall’iperrealismo fumettistico che ammantava la prima avventura della Sposa. Macchina da presa qualche volta a mano, fotografia sgranata, un’immagine che muta in funzione del registro narrativo. Rimandi chiari (il Lucio Fulci di Paura nella città dei morti viventi, Sergio Leone a go go, le Shaw Brothers production...) ma in fondo secondari, spunti per immergersi in un immaginario che ormai è soltanto suo, di Tarantino. Che ha ribadito nel Volume 1 la bidimensionalità dei suoi personaggi da fumetto, con una violenza da Wile E. Coyote, per poi finalmente contraddirla, e negarla, in questo Volume 2, dove ci sono molto meno sangue e molta meno azione ma molto più dolore. E amore. Kill Bill Vol. 2 è una grande storia d’amore. Come in Jackie Brown, l’amore è ciò che definisce le persone strappandole alla loro (in)consistenza cinematografica (ricordate Robert Forster che nel momento in cui l’amata Pam Grier si allontana diventa sfocato?). Solo che l’amore questa volta ha a che fare con la vendetta, quindi le persone non le sfoca, quando si allontana, ma le trasfigura in una maschera tragica. Per amore Bill massacra, per amore la Sposa (che si chiama Beatrix senza più bip, quindi finalmente esiste) uccide, scappa e alla fine... Sulle singole sequenze si sa da sempre che Tarantino sa essere eccelso - si veda la scena della resurrezione o quella del “faccia a faccia” con Bill -, mentre tra i personaggi la nostra preferita è Daryl Hannah, davvero spietatissima. Ma tra Madsen, Carradine, la Thurman e Gordon Liu (il maestro Pei Mei), ce n’è per tutti i gusti.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 18 del 2004

Autore: Mauro Gervasini

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