Regia di Quentin Tarantino vedi scheda film
Slittato di un paio di mesi nell'uscita,per favorire il suo arrivo a Cannes il mese venturo,arriva finalmente sugli schermi la seconda parte del film che ha riportato Quentin Tarantino dietro la macchina da presa a sei anni da "Jackie Brown".La prima parte aveva entusiasmato,un lavoro-condensato di generi,stili,citazioni di cinema,combinato su una tenuta di ritmo straordinaria,in un'esplosione visiva,che dei colori faceva un uso splendido,li sottraesse o li esaltasse.La seconda,dove molte delle questioni sospese trovano scioglimento,come era giusto aspettarsi da un cineasta originale,comunque,come l'autore di "Pulp fiction",è giocata più sulla recitazione e tendente al classico,anche se a ben vedere non sono poche le intuizioni azzeccate e acute.E,forse,il finale è meno prevedibile di quanto si possa immaginare,nonostante si riaffacci il rischio tarantiniano di crogiolarsi in troppe parole:sembra,più che altro,la bizzarra dichiarazione d'amore di un regista per un'attrice,Uma Thurman,alla quale il film sta cucito addosso al meglio,permettendole di essere un'eroina d'azione e un personaggio di spessore al contempo.C'è anche l'occasione per un attore bravo e spesso visto in film dozzinali come Michael Madsen,di mettersi in mostra,e soprattutto c'è un'interpretazione di alta classe da parte di David Carradine,che si intravedeva appena nella parte precedente,e qui compare largamente(ed è doppiato egregiamente da Adalberto Maria Merli).Ritorna una visione del cinema e del mondo incrudelita,in cui ogni degenerazione omicida è nella logica delle cose di una società spietata e alimentata da un cinismo irrefrenabile:però,come si può evincere dallo spettacolo,pare che Tarantino opti,questa volta,per una possibilità nel credere in un amore salvifico,che possa recuperare chiunque.Anche chi uccide per vivere.
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