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L'alba dei morti viventi

Regia di Zack Snyder vedi scheda film

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La recensione su L'alba dei morti viventi

di giancarlo visitilli
4 stelle

“Quando non ci saranno più posti nell’inferno, i morti cammineranno sulla terra”. Potrebbe essere l’ammonimento (l’unico per il quale vada la pena recarsi al cinema per vedere L’alba dei morti viventi) rispetto a quello che stiamo contribuendo a causare in Iraq.
Infatti, questo remake del capolavoro Zombi (George Romero, 1978), del noto regista di video-clip, Zack Snyder, non ha nulla per cui valga il prezzo del biglietto: ai buchi di sceneggiatura (è come se il film fosse stato tagliato) si sovrappongono tutta una serie di ‘già visto’, dalla frase cult-ammonimento all’idea di far sopravvivere i superstiti in un supermercato, chiara metafora dello sfrenato consumismo; anche gli attori sono relegati in ruoli dapprima troppo articolati, che poi si disperdono in sequenze destrutturate. E poi, quel che non convince affatto è l’idea dello zombie che nasce all’alba: troppo abituati a quelli del buio della notte.
A Milwakee, Ana, un’infermiera, sta tornando a casa, dove l’aspetta il suo compagno. Insieme guardano la TV. Il giorno successivo una bambina entra in casa, assale il marito e lo uccide. Anzi, questi si muta in un mostro assetato di sangue. Da quel momento la vita di Ana cambia radicalmente. Grazie alla compagnia di un gruppo di superstiti, la giovane infermiera riesce a chiudersi in un centro commerciale, dove bisogna sopravvivere ad un’orda di morti viventi che ha ormai invaso il paese. La sopravvivenza implica un adattamento non indifferente, che comporta il cambiamento spesso radicale della propria vita, così come accade per gli scampati. Nuove regole, un nuovo stile di vita, dettati per lo più da un poliziotto e dal riservato Michael, personificazione di quell’unico “Stupid White Men”, di cui Michael Moore è l’autore.
Ci si accorge da subito che Snyder è lontano migliaia di miglia dalla posizione marcatamente anti-conformista di Romero. Cosa può sembrare più folle dell’atteggiamento pietistico, insieme a quello di paura, che i sopravvissuti vivono nei confronti dei morti viventi? E’ un film marcatamente americano, fino agli eccessi. Snyder dà prova della sua superficiale attenzione alla sceneggiatura, piuttosto che ai toni estetici ed ai canoni del videoclip. In questo bisogna riconoscergli il merito di aver reso gli zombi più agili, atletici. Sono più vivi dei viventi.
Tuttavia, alla fine, ci si accorge che con registi come Romero, lo stesso Carpenter, in parte De Palma, cos’altro si potrebbe fare di più? E qui stà la logica di un cinema di genere che stenta a reinventarsi, privo di storie con sangue, budella, arti e cervella spappolate, da raccontare. Non sarà perché le viviamo già ogni giorno, con lo stesso cinismo volto a far passare la nostra sopravvivenza, rispetto alle migliaia di morti, come resistenza!
Giancarlo Visitilli


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