Regia di Alejandro Agresti vedi scheda film
Dall’Argentina non arriva granché sui nostri schermi, e qualche anno fa pareva che invece lì ci fosse una nuova leva di talenti notevoli (la Martel di La Ciénaga, il Villegas di Sábado). Ma l’importazione di questo film di Agresti, che ha al suo attivo oltre venti titoli, è invece un vero mistero. La storia è quella di un bambino occhialuto che viene affidato alla nonna (Maura) dopo che i genitori si separano. È l’Argentina degli anni ’60, ma i riferimenti si limitano a una predica sulla morte di Che Guevara e all’allunaggio di Armstrong (il bambino vuol fare l’astronauta). La storia in realtà vede il piccolo Valentin che manda a monte la storia di suo padre con la nuova compagna (ebrea), salvo poi farla mettere con il maestro di piano (ebreo pure lui). Nel frattempo la nonna muore, ma così Valentin si è forse inventato una famiglia, come una specie di parente povero di Amélie Poulain. La voce off (doppiata) del bambino spiega passo passo ogni scena, con sentenze da “signora mia” e metafore talmente balorde da far pensare a errori di traduzione («La mamma è come una pentola di fagioli in ebollizione», o «La vita è come le tagliatelle»). Più che un brutto film, un film inesistente.
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