Regia di Brian De Palma vedi scheda film
Un'opera virtuosa, vorticosamente sperimentale. Un pastiche magistralmente composto ai fini di una sarcastica e forte rappresentazione di un mondo, quello dello spettacolo, tanto dorato quanto diabolico. D'intensa attualità.
“Questo film è la storia di quel suond, dell’uomo che lo creò, della ragazza che lo cantò e del mostro che lo rubò”. La storia di quel suond, di quel suono potente che inebria le menti, infervora i cuori e spinge al di là del possibile…la storia di un buono, Winslow, di un cattivo, Swan, e di una bella e dolce fanciulla, Phoenix.
Inizia così questa barocca quanto espressionista pellicola di Brian De Palma datata 1974.
Un racconto che ha dell’impossibile,un sfumatura gotica che esaspera i lati oscuri insiti nell’essere umano, inserendoli in una leggenda, una realtà che si impone come parallela, un resoconto dell’inconscio. Ma cosa fa un cantastorie se non presentare, travestita da fabula, un pezzo di vita sviscerandone i suoi aspetti e offrendone una chiave di lettura, talora anche satiricamente ironica? Perché,si può azzardare che, oltrepassando tutti gli aspetti tecnici, stilistici che concernono il mestiere, De Palma abbia deciso qui di farsi menestrello, ma uno di quelli pungenti, portavoce di una polemica sferzante contro l’industria della musica e dello spettacolo del suo tempo; e che abbia scelto di farlo appropriandosi, magistralmente, come un poeta neoclassico, di temi e poetiche precedenti,che gli concedessero quasi una legittimazione dal passato,una maggiore incisività.
Ne proviene un piccolo capolavoro, probabilmente non compreso in toto a suo tempo, il paziente risultato di un eclettico e minuzioso labor limae, che palesa con evidenza il profondo bagaglio culturale del giovane regista della New Hollywood. Un bagaglio fatto di studio e passione, di attenzione posta in ogni particolare.
La scelta da lui compiuta è stata tanto ardua quanto avvincente: usare precisi e determinati riferimenti letterari e cinematografici come vibranti ed efficaci mezzi espressivi. E il loro semplice e mero inserimento nel tessuto narrativo avrebbero portato a ben poco. Rifarsi ad opere letterarie rinomate e poderose come Il Fantasma dell’Opera di Leroux, il Faust di Goethe, il ritratto di Dorian Gray di Wilde, il Frankenstein di Shelley così come a capolavori della storia del cinema come il Faust di Murnau, Il gabinetto del dottor Caligari di Wiene,il Dracula di Browning, Psycho, Vertigo di Hitchcock, è una fendente arma a doppio taglio. Perché se dal loro uso potrebbe trarne vantaggio un’intera struttura filmica, d’altra parte un loro pedissequo innesto nel flusso espositivo potrebbe risultare stucchevole oltre che pedante. Ma De Palma proprio in questo ha mostrato la sua arguta maestria, mettendo in gioco sapientemente e in maniera originale tutti gli elementi da lui scelti per il suo progetto. Il cuore è antico, ma l’occhio è moderno.
E così il travestimento del fantasma è futurista, a metà tra un supereroe e un guerriero spaziale;lo stesso personaggio di Swan si presenta come un contemporaneo conte dracula, un diabolico divo in pieno stile anni settanta; il facepainting del gruppo rock ricorda tanto il Cesare del Dottor Caligari, quanto il gruppo metal dei Kiss; Beef non sarà ucciso nella doccia, ma soltanto spaventato a morte con uno sturalavandini; i contratti demoniaci sono impressi su pellicole; ad invecchiare non sarà un quadro, ma un’immagine video…
Nel complesso, “neoclassica” appare anche la costruzione filmica, la struttura del montaggio, ed anche in tal contesto quell’ “occhio moderno” mostra la sua presenza, si affaccia timidamente, ma in maniera risolutiva, memore di precedenti esperienze di composizione. Così, l’uso dello split screen crea movimento, giochi d’inquadrature che costringono lo spettatore ad una maggiore attenzione, espandendone la visione, rendendola vorticosa. Si noti ,ancora, il primo piano di Philbin, che entra in scena dopo l’esecuzione, stile musical anni sessanta, degli Juicy Fruits, nei primi minuti del film: un primo piano che sembra rivolgersi allo spettatore. Ma poi appaiono sullo schermo due mani guantate, poi una voce, si comprende, allora, che un interlocutore c’è ed è nella realtà profilmica. De Palma ha voluto in questo caso mostrare e non mostrare, probabilmente per lasciare semiaperta una finestra attraverso la quale instaurare un più diretto e movimentato rapporto con lo spettatore, renderlo meno passivo. Qualcosa che sa di metacinema, di Nouvelle Vague e di fervore godardiano (ritornando in tal modo all’idea del cuore antico e occhio moderno), che, seppure in sordina, palesa l’interesse poliedrico, lo spirito accademico di un cineasta appassionato,mostratosi appieno in suoi pregressi lavori come Ciao, America! e Hi, Mom!
In sordina, si è detto, perché ne Il Fantasma del palcoscenico predominante si mostra una coloritura espressionista, come accennato. Tutto è qui “espressione”: soggetto,sceneggiatura, scenografia, costumi, suoni, gesti caricati di una propria valenza simbolica, di una propria funzione dissacrante. Non esclusi dal discorso gli stessi personaggi di questa visionaria allegoria, travestita da musical fanta-melodrammatico : Swan, il mefistofelico produttore musicale; Winslow, fragile vittima del sistema e Phoenix, colei che è pronta a tutto, ed oltre, in cambio di lode e fama. Un gioco perfetto, trame e inganni svelati mascherandoli, spettacolarizzandoli .
E l’uso della musica, mai come nell’opera in questione, si fa strumentale, oltre che espressione di momenti narrativi, diventa allusiva di specifici richiami iconografici (si noti la predominante presenza di suoni classici che rimandano al cinema muto), offrendo un contributo di rilievo alla delineazione della realtà volutasi rappresentare. Non a caso,anche la colonna sonora, scritta da Paul Williams, è uno spettacolo nello spettacolo.
Lo spettatore è così trascinato,immerso nel mondo da lui dipinto e architettato, una labirintica sciarada, allucinante e allucinata,psichedelica; un excursus che prosegue a ritmo accelerato fino alla finale, quasi catartica ,espiazione dei mali in un vorticoso carosello di figuri e colori. Un frenetico delirio dionisiaco che confonde, disorienta, che lascia ,alla fine un’intorpidita, titubante sensazione di vittoria, di rivincita. Smarrimento. Il Male avrà vinto sul Bene?
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