Regia di Brian De Palma vedi scheda film
Venuto subito dopo “Le due sorelle” (1973) quest’opera rappresenta un salto triplo in avanti per Brian De Palma che mixa il sempiterno tema del “Faust” con l’altrettanto popolare de “Il fantasma dell’opera” dando vita ad un horror scandito dal “black humour” al tempo di hard music.
Per giunta, come se già non fosse sufficiente, il regista mette in campo le sue qualità espressive e stare al (suo) gioco diventa tremendamente facile.
Il giovane Winslow (William Finley) è un musicista di talento, ma non ha l’immagine che lo spietato discografico di successo Swan (Paul Williams) ricerca, tanto che quest’ultimo gli ruba in toto la sua opera facendolo per giunta rinchiudere in carcere per levarselo di torno.
Deturpato nel volto dopo un primo tentativo di vendetta, Winslow sta al gioco del produttore solo per aiutare la donna che ama ad emergere con i suoi pezzi, ma quando capisce che le intenzioni sono altre scatena tutta la sua violenza facendo i conti con i patti stipulati da tutti col diavolo.
Siamo di fronte ad un cult-movie siderale, rimosso in virtù della sua forza figurativa che per nulla abbraccia la logica consuetudinaria dei canali televisi (che non lo trasmettono manco per sbaglio), ma si tratta di un Brian De Palma a tutto “volume” (in tutti i sensi).
Il suo tratto, nel frattempo riconosciuto, è inconfondibile, al tempo stesso il soggetto è una pregiata, e fantasiosa, sintesi che già fa a botte col sistema, che, come poi lo stesso regista ha conosciuto sulla propria pelle, calpesta tutto e tutti in virtù dei propri interessi senza rispetto ne giustizia.
Il fine ultimo è il successo ed il possesso delle menti, il pubblico si arrovella scatenato di fronte al magma della rappresentazione, mentre è feroce lo struggimento del relitto umano creato che si ripercuote irruento senza il bisogno di dover fare dei conti.
La raffigurazione d’insieme è visionaria, le coreografie barocche invadono la scena andando di pari passo con le musiche, il delirio si fa corpo e sfocia in tutta la sua prominenza e dolenza.
Un trascinamento coatto per chi guarda, come a seguire l’occhio bieco (l’unico che gli rimane) del protagonista, una violenza che da subita diventa inferta e con una forza inaudita.
Un vero e proprio spettacolo nello spettacolo, tra il serio ed il faceto, col mondo dello show business fatto letteralmente a brandelli, col Brian De Palma che in seguito impareremo ad amare già esposto in tutte le sue modalità espressive.
Libidine cinefila.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta